Domenica delle Palme. Il Papa ricorda i tanti “cristi abbandonati” di oggi

AgenPress. Una Piazza San Pietro affollata da circa 60 mila fedeli accoglie, alle 10 di questa mattina, Papa Francesco che il giorno dopo le dimissioni dal Policlinico Gemelli non rinuncia a presiedere la celebrazione della Domenica delle Palme che apre la Settimana Santa.

La liturgia di questa domenica rievoca le ultime ore della vita di Cristo, fino alla morte. E c’è una frase, l’unica pronunciata da Gesù sulla croce, che ci dà la misura della profondità della sofferenza da lui vissuta: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”.

Il Papa ricorda che le sofferenze patite da Gesù sono state di tipo fisico, dalla flagellazione fino alla crocifissione, e sofferenze dell’anima come il tradimento, lo scherno, la fuga dei discepoli. In tutte le circostanze, osserva il Papa, Gesù poteva contare sulla vicinanza del Padre. Ma poi “accade l’impensabile; prima di morire Egli grida: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. E commenta:

Ecco la sofferenza più lacerante, è la sofferenza dello spirito: nell’ora più tragica Gesù prova l’abbandono da parte di Dio. Mai, prima di allora, aveva chiamato il Padre con il nome generico di Dio. Mai. Padre… Per trasmetterci la forza di quel fatto, il Vangelo riporta la frase anche in aramaico: è l’unica, tra quelle dette da Gesù in croce, che ci giunge in lingua originale. L’evento è reale, è l’abbassamento estremo, cioè l’abbandono del suo Padre, l’abbandono di Dio. Il Signore arriva a soffrire per amore nostro quanto per noi è difficile persino comprendere. Non è facile capire questo… Vede il cielo chiuso, sperimenta la frontiera amara del vivere, il naufragio dell’esistenza, il crollo di ogni certezza: grida “il perché dei perché”. 

Ma proprio dall’interno della sofferenza scaturisce la speranza. Sulla croce Gesù non si lascia vincere dalla disperazione, grida l’abbandono ma subito dopo si affida, si consegna al Padre. E “continua ad amare i suoi”, perdona chi lo ha crocifisso. “L’abisso di tanti mali nostri  – afferma il Papa – viene immerso in un amore più grande, così che ogni nostra separazione si trasforma in comunione”. In Gesù abbandonato si manifesta l’amore di Dio, un amore che può “trasformare i nostri cuori di pietra” spingendoli “a cercarlo e ad amarlo” in tutti gli abbandonati in cui Lui stesso è presente. E Francesco ricorda, a braccio, la vicenda di un uomo, un senza fissa dimora, che qualche mese fa è morto solo sotto il Colonnato di San Pietro. E afferma:

Oggi, fratelli e sorelle, ci sono tanti “cristi abbandonati”. Ci sono popoli interi sfruttati e lasciati a sé stessi; ci sono poveri che vivono agli incroci delle nostre strade e di cui non abbiamo il coraggio di incrociare lo sguardo; ci sono i migranti che non sono più volti ma numeri; detenuti rifiutati, persone catalogate come problemi. Ma ci sono anche tanti “cristi abbandonati” invisibili, nascosti, che vengono scartati coi guanti bianchi: bambini non nati, anziani lasciati soli – che può essere tuo papà, tua mamma forse, il nonno, la nonna…-, ammalati non visitati, disabili ignorati, giovani che sentono un grande vuoto dentro senza che alcuno ascolti davvero il loro grido di dolore. E non trovano un’altra strada che il suicidio. Gli abbandonati di oggi, i cristi di oggi.

Dall’abbandono di Gesù deriva dunque per noi una richiesta, quella di non lasciare solo nessuno, di non escludere nessuno perché i rifiutati e i soli sono “icone viventi” di Lui. Papa Francesco conclude la sua riflessione con un invito preciso:

Chiediamo oggi questa grazia: di saper amare Gesù abbandonato e di saper amare Gesù in ogni abbandonato, in ogni abbandonata. Chiediamo la grazia di saper vedere, di saper riconoscere il Signore che ancora grida in loro. Non permettiamo che la sua voce si perda nel silenzio assordante dell’indifferenza. Non siamo stati lasciati soli da Dio; prendiamoci cura di chi viene lasciato solo.

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