AgenPress – Fonti egiziane informate che hanno chiesto l’anonimato hanno riferito che Patrick Zaki è su una black-list che gli impedirà di andare in Italia prima della fine del processo e di un’assoluzione. “Sì, è nella lista nera”, hanno detto le fonti contraddicendo quanto sostenuto da Patrick di recente in tv da Fabio Fazio a Che tempo che fa, dove si era invece detto sicuro di non avere per il momento nessun divieto di viaggiare. “Credo di poter venire in Italia al più presto”.
Ed invece “non potrà andarsene fino a dopo la fine del processo”, hanno aggiunto le fonti, ammettendo di non sapere se il ricercatore abbia il passaporto o meno: “Ma non importa, perché gli è vietato viaggiare” all’estero.
“Nessuna meraviglia, purtroppo. Patrick è imputato in un processo di fronte a un tribunale d’emergenza e, in tale condizione, gli è vietato lasciare il Paese. C’è da sperare che quel ‘presto’ che ha auspicato, e che noi auspichiamo con lui, arrivi veramente presto, dopo l’udienza del primo febbraio. Nel frattempo occorrono pazienza e speranza”, dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia.
La prossima udienza del processo dove lo studente egiziano dell’Università di Bologna è imputato per “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” è fissata per il primo febbraio e non vi sono previsioni attendibili sulla durata del processo. In quell’occasione la difesa dovrebbe presentare una già preannunciata memoria difensiva.
Nell’udienza del 7 dicembre in cui ha ottenuto la scarcerazione avvenuta il giorno dopo, la sua avvocatessa principale, Hoda Nasrallah, ha chiesto l’acquisizione di riprese di telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo, di un rapporto dei servizi segreti interni e di un verbale di polizia per dimostrare che tra il 7 e l’8 febbraio di due anni fa Patrick fu catturato illegalmente.
Il capo del pool difensivo ha chiesto anche gli atti di un vecchio processo e la convocazione di un testimone per dimostrare che l’articolo scritto da Zaki non propalava falsità. L’attivista rischia altri 5 anni di prigione oltre ai 22 mesi già passati in custodia cautelare.