AgenPress. Tra Cesare Pavese a Bianca Garufi c’è stata un’amicizia dissolvente e discordante. Un rapporto che li ha resi partecipi a una solitudine individuale che ha attraversato anni difficili e cruciali della vita di entrambi. Una vita contaminata da letteratura, da sensualità , da parole… Discordanze.
Dalla discordanza può nascere la felicità ? Che cos’è la felicità ? Mai dire che la felicità  è una leggerezza dell’anima o una dissolvenza che attraversa il dolore e lo supera. Mai dire che la felicità ha la serenità tra le pieghe. Si ha diritto alla felicità . Oppure no? In questo senso il modello greco e poi latino hanno richiesto una sopportazione del quotidiano. La felicità è un assentarsi dalle difficoltà che diventano conflittualità .
I Dialoghi con Leucò ci raccontano questo attraversamento nella dissolvenza della felicità . Una voce epicurea che è dentro tutto il vissuto di Pavese, ma che ha anche rappresentato quell’ancestrale disegno che ha guidato la vita di Bianca Garufi. Si sono conosciuti per infelicità e hanno cercato di armonizzarla pur sapendo che era difficile incontrare il contrario. Si ha diritto alla felicità . Bisogna essere in armonia con il proprio sé, con il proprio senso, con il proprio orizzonte. Non credo che si possa dire che la felicità sia un eterno o che la felicità sia un indelebile infinito che accarezza la linea degli orizzonti, quando gli occhi diventano custodi di memoria. Una memoria che attraversa lo sguardo… La felicità è saper attraversare il buio pur sapendo che nel bosco è difficile trovare la luce o è difficile sapere che ci possa essere una luna che faccia da faro.
Ognuno di noi vive la propria felicità . Esiste un immaginario di felicità che Pavese e Bianca Garufi hanno cercato di tratteggiare in quel canto che lui ha definito La terra e la morte. Ma la felicità è anche conoscere la profondità degli occhi di Leucò. È sapere che alla fine di quello sguardo, che gli occhi proiettano, possa esserci la rupe di Saffo.
Bianca – Leucò – Letojanni. Questo mare infinito che diventa grecità . La felicità è una cognizione del sapere e non della conoscenza. Sapere o conoscenza. Io conosco perché so, oppure so perché conosco. Esistono dicotomie nella vita di ognuno di noi. Discordanze che fanno del tempo perduto una misura della memoria e in questa memoria tutto ha un senso.
Si incontra la felicità ? È possibile incontrarla, legarla, perderla. È necessario trovarla. È impossibile non viverla. La linea che separa la meditazione contemplante verso la felicità innocente è un viaggio spirituale, interiore che ci permette di catturare il senso del quotidiano nel senso dell’interminabile.
Noi dobbiamo sempre illuderci del terminabile della fine, anche se pensiamo di essere interminabili e tutto ciò che facciamo ci sembra interminabile. Ma tutto ciò è parte integrante di una felicità che detta le regole al nostro essere uomini e donne, in un processo che è mitico in cui le voci del destino disegnano la struttura del nostro essere nel tempo. Già … essere nel tempo.
Confrontarsi con il tempo e restare nell’armonia della serenità significa conquistare, granello dopo granello, la sabbia della felicità che entra nella clessidra.
La felicità è fatta di granelli di sabbia che scendono lentamente trasformandosi in vento e tempo. La felicità è ciò che potremmo non avere, ma è anche ciò che alle volte abbiamo e che non riusciamo a comprendere, ad afferrare, a catturare.
Bianca e Cesare. Due immensi universi in cui la felicità ha segnato un passaggio lieve nella rappresentazione di un infinito gesto sublime. Poi il distacco, la lontananza. La felicità è anche saper riconoscere che c’è stata, che è stata vissuta, abitata e che non è andata perduta. Così per Bianca e Cesare Pavese.
Pierfranco BruniÂ