AgenPress. I risultati del test di massa realizzato lo scorso fine settimana nella provincia di Bolzano sono interessanti per vari motivi. In primo luogo, questa esperienza e quella di poche settimane fa in Slovacchia mostrano che eseguire test di questo tipo su un 60-65% della popolazione è fattibile e che, nonostante i movimenti No-Vax la disponibilità della popolazione è elevata.
Sarà interessante vedere il risultato di uno screening analogo in Austria, i cui dettagli ancora non si conoscono, programmato per dopo la fine del confinamento, 6 dicembre, e finalizzato a valutare che misure prendere per il periodo di Natale. Osservatori austriaci hanno seguito l’esperienza di Bolzano.
L’utilità di test di massa discende dall’essere effettuati su campioni che, per la loro dimensione, sono statisticamente rappresentativi e casuali, non dipendendo dal protocollo di selezione dei pazienti su sui eseguire i tamponi. In Italia, questo protocollo non pare essere identico nelle varie regioni, come mostra il raffronto tra il numero giornaliero totale dei tamponi e quello delle persone testate, che, secondo i dati del Bollettino giornaliero del Ministero della Salute, in alcune regioni differisce considerevolmente e in altre, come la Calabria, solo occasionalmente e comunque in misura minore.
L’identificazione di contagiati non rilevati in precedenza fornisce un’importante indicazione quantitativa sul numero degli asintomatici e paucisintomatici.
Nei giorni del test, nella provincia di Bolzano, la cui popolazione supera di poco i 500000 abitanti, si contavano poco più di 11600 casi attivi. Lo 0.9% di positività determinato dallo screening di massa indica che ad essi andrebbero aggiunti circa 4800 asintomatici o paucisintomatici, che quindi costituirebbero circa il 29% del totale di 16400. Questo risultato può essere confrontato con quello dell’esperienza slovacca, dove si ebbe un 1.06% di casi positivi, che, rapportato ai contagi ufficiali di quel paese, indicherebbe una percentuale di asintomatici-paucisintomatici dell’ordine del 15%.
Il risultato dell’Alto Adige, se estrapolato a livello nazionale, suggerirebbe la presenza in Italia di 120000-240000 casi non identificati.
Questi risultati meritano attenzione e confermano i risultati di una ricerca dell’Università di Queensland, in Australia, pubblicato oltre un mese fa su una rivista canadese, che circa una settimana fa ha acquisito rilievo per una nota apparsa su Nature. La ricerca ha analizzato i risultati di 13 studi, per la maggior parte pubblicati. Gli studi sono stati realizzati in sette paesi tra cui l’Italia (il caso di Vo’), su un totale di 21708 pazienti. La percentuale dei casi in cui non si sono manifestati sintomi durante periodi variabili di solito tra 7 e 14 giorni varia tra il 4% (Corea) e il 40% (Vo). Un approccio di meta-analisi dà un valore medio del 17%, lontano dalle punte massime spesso suggerite anche in Italia, e in ragionevole compatibilità con i risultati di Bolzano e della Slovacchia.
Circa due settimane fa suggerimmo in una nota oggi ripresa da Calabria.live che sarebbe stato desiderabile eseguire lo stesso test anche in Calabria. Se lo si fosse fatto, dando al tema la metà dell’attenzione dedicata ad altre discussioni, oggi conosceremmo qual è la precisa situazione dell’epidemia nella regione, fondamentale per la stima del rischio di un aumento della pressione sul sistema sanitario e per la messa in pratica di misure di contenimento locali mírate, in modo da non causare impatti negativi dove non sia necessario.