Telefoni Smart ma non troppo

Quella che vedete in alto è una bella foto rovinata dagli algoritmi di “miglioramento” dell’immagine applicati dal software di uno smartphone. Nei dispositivi più recenti, la modalità ritratto provvede a creare un bokeh artificiale (sfocatura dello sfondo), cercando di scontornare il soggetto in primo piano. Nella foto della bambina sull’altalena però sono state sfocate a caso anche le catene del seggiolino, con il risultato di una foto inservibile (a meno di lavorare pesantemente con il fotoritocco, cosa di cui tutti non sono capaci).

E questo è solo un esempio a caso: troppe volte durante le prove di smartphone anche molto costosi ci siamo imbattuti in foto con colori esageratamente saturi, scatti in Hdr (High Dynamic Range) assolutamente surreali, foto notturne con un’illuminazione totalmente falsata, tentativi di riduzione del rumore che ottengono l’esatto contrario. Il punto è che invece di aumentare la qualità dei sensori e soprattutto delle lenti, si cerca di migliorare i risultati con accorgimenti software, sbandierando algoritmi di intelligenza artificiale che in realtà più intelligenti di tanto non possono essere. E poi i sensori da 50 o 100 megapixel non servono, a parte agli uffici marketing.

Si possono ottenere belle foto anche con 16 Mpixel, d’altronde è quello che fanno Apple e Samsung. Né si può pensare di sostituire un minimo di cultura fotografica con algoritmi che promettono foto perfette anche in controluce, perché così si illudono gli utenti con miracoli che non esistono e si scoraggia lo studio e la sperimentazione. Per ottenere la foto corretta dell’esempio, bisognerebbe utilizzare la modalità manuale (che non è un mostro, anzi), impostare la priorità al diaframma e aprirlo al massimo, tenendo sott’occhio il tempo di scatto che non deve aumentare troppo, visto che il soggetto è in movimento. Nulla di particolarmente complicato, basta avere la voglia di capire come funziona.

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