Covid. Archiviata inchiesta su Conte e Speranza. Parenti vittime: “uno schiaffo in faccia a noi e all’Italia intera”

AgenPress – Il tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, indagati nell’inchiesta sul Covid della procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana.

In particolare, i magistrati contestavano la mancata istituzione della zona rossa tra febbraio e marzo 2020 e la non attuazione del piano pandemico. Conte e Speranza erano accusati di omicidio ed epidemia colposi e rifiuti d’atti d’ufficio.

Avviata dalla Procura nell’aprile 2020, appena scoppiata la pandemia, l’inchiesta di Bergamo relativa alla gestione del Covid è nata in seguito alle presunte anomalie nella gestione dei pazienti all’ospedale di Alzano Lombardo,  per accertare, tra le altre cose, se la mancata istituzione della zona rossa sia stato uno dei fattori che ha contribuito alla diffusione del virus.

Sulle contestazioni mosse all’ex ministro della Salute, il Tribunale scrive: “Le omissioni e i ritardi descritti dalla nota di trasmissione della Procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico – amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali. Al Ministro della Salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività. Non è stata ipotizzata, e non è comunque ravvisabile negli atti di indagine compiuti – prosegue il Tribunale -, alcuna interferenza del Ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva. In particolare, non risulta che egli abbia indotto i dirigenti ministeriali a ritardare od omettere le azioni di sorveglianza epidemiologica, di sanità pubblica, di verifica delle dotazioni dei dispositivi medici e delle risorse necessarie a contrastare la diffusione virale nonché a curare i pazienti e, infine, di formazione del personale sanitario”.

“Non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogenie quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia”.

Poi sulle zone rosse: “Va innanzitutto detto che agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell’imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa ai comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella Bergamasca, rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa. Non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, stando all’imputazione lui avrebbe dovuto decidere, circa l’istituzione della zona rossa, il giorno stesso. Si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole”.

Delusione e rabbia tra i familiari delle vittime del Covin dell’Associazione “Sereniesempreuniti” che parlano di “uno schiaffo in faccia a noi e all’Italia intera che si merita un sistema politico e di giustizia più trasparente. Siamo intransigenti con quanto fatto dalla Procura di Brescia e dal Tribunale dei ministri: l’archiviazione è un vilipendio alla memoria dei nostri familiari, un bavaglio, l’ennesimo in un’Italia corrosa dall’omertà contro cui ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo nelle sedi che ci restano, come quella civile”.

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