Milano. Pm, una delle psicologhe inserì prima i punteggi nel test di Wais fatto ad Alessia Pifferi

AgenPress – Alla due psicologhe già indagate per favoreggiamento e falso ideologico se ne aggiungono altre due  del carcere di San Vittore a Milano  accusate di falso e favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta bis sul caso di Alessia Pifferi, la donna di 38 anni accusata di aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi Diana nel suo appartamento a Ponte Lambro (Milano) a luglio 2022. Le indagate saranno sentite il 4 aprile.

Una delle due psicologhe avrebbe predisposto “i relativi protocolli con i ‘punteggi già inseriti'” nella somministrazione del “test di Wais” che servì, secondo l’accusa, per segnalare un grave deficit cognitivo della 38enne e per farle ottenere la perizia psichiatrica. Perizia che, poi, nel processo in corso ha stabilito che l’imputata, quando lasciò morire di fame e di sete la figlia Diana di quasi un anno e mezzo, era capace di intendere e volere. L’imputazione per falso e favoreggiamento a carico dei cinque indagati si legge nell’invito a comparire notificato alle due psicologhe, iscritte nelle scorse settimane. L’interrogatorio è fissato per il 4 aprile.

Una delle due, 44 anni e in servizio all’ospedale San Paolo e nel carcere di San Vittore, avrebbe preso parte a quel test, che per il pm e i suoi consulenti non poteva essere effettuato e non aveva valenza scientifica (stesse considerazioni del perito nel processo). E avrebbe redatto, assieme all’altra (non presente al test), la “relazione del 3 maggio 2023”. Relazione, però, “materialmente” firmata, poi, da un’altra delle due professioniste già indagate, come emerso nei mesi scorsi. Una relazione che, tra l’altro, sarebbe stata anche modificata e revisionata rispetto alla “versione originaria”, pure “‘cambiando’ alcuni grafici”.

Nel dettaglio, una delle ultime due psicologhe raggiunte da un avviso di indagine avrebbe preso parte a quel test – che per il pm e poi anche per il perito non poteva essere effettuato e non aveva valenza scientifica – e avrebbe redatto, assieme all’altra (non presente al test), la “relazione del 3 maggio 2023”. Relazione, però, “materialmente” firmata, poi, da un’altra delle due professioniste già indagate, come emerso nei mesi scorsi. Secondo l’accusa questa relazione sarebbe stata anche modificata e revisionata rispetto alla “versione originaria”, cambiandone anche alcuni grafici.

Gli avvisi di garanzia sono stati consegnati tra il pomeriggio e la sera di ieri, lunedì 25 marzo. In questo nuovo fascicolo, aperto dal pubblico ministero Francesco De Tommasi, ci sono al momento ben cinque persone indagate. Tra loro, c’è anche l’avvocata Alessia Pontenani che difende la donna e che è accusata solo per falso.

Le quattro psicologhe e l’avvocatessa avrebbero così attestato che Pifferi “aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un ‘deficit grave, al limite inferiore di questo livello (pertanto tra grave e gravissimo)'”. Gli esiti del test, scrive il pm, “erano incompatibili con le caratteristiche psichiche effettive della detenuta, per come emergenti anche dagli stessi colloqui intercorsi in carcere”, colloqui “anch’essi falsamente annotati nel diario clinico, con riferimento ai presupposti del ‘monitoraggio’ a cui la Pifferi veniva sottoposta, in realtà inesistenti giacché la donna non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi”.

Due delle psicologhe, in particolare, avrebbero portato avanti una “vera e propria attività di consulenza difensiva”, mentre l’imputata era “lucida” e “determinata”. E hanno lavorato per fornire “una base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, eventualmente con il filtro di un’ulteriore consulenza di parte, la tanto agognata perizia psichiatrica”.

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