Consulta. Barbera: serve legge su fine vita e figli coppie gay. Pro vita: “nuovi giudici rispettino Parlamento”

AgenPress –  “Non si può non manifestare un certo rammarico per il fatto che nei casi più significativi il legislatore non sia intervenuto, rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete, obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione”. E’ uno dei passaggi della Relazione del presidente della Consulta Augusto Barbera che auspica “sia un intervento del legislatore” che dia seguito alla sentenza ‘Cappato “sul fine vita”, sia un intervento “che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”.

“Su Fine Vita e “diritti LGBT” la Corte Costituzionale ha emesso sentenze politiche esautorando il Parlamento e violando la separazione tra poteri dello Stato”, dichiara in una nota Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus.

“Non è affatto vero che su temi come il suicidio assistito o lo status dei bambini nati da utero in affitto la nostra Costituzione imponesse norme diverse da quelle esistenti prima delle forzature ideologiche operate dalla Consulta, né che tali forzature impongano oggi ulteriori interventi legislativi in senso progressista. Il divieto di suicidio assistito o di iscrizione e trascrizione anagrafica di figli con “due padri” o “due madri” sono infatti precise scelte legislative del tutto coerenti col dettato costituzionale, a presidio di beni giuridici fondamentali come la tutela della vita e della dignità personale. Specialmente quando si tratta di temi etici sensibili, la Corte Costituzionale dovrebbe smettere di seguire un’agenda ideologica progressista e relativista per ottenere i risultati politici che la Sinistra parlamentare non riesce a raggiungere. In tal senso, chiediamo al Parlamento di eleggere come nuovi Giudici della Corte Costituzionale figure realmente al di sopra delle parti politiche che rispettino la Costituzione e l’autonomia del Parlamento”.

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