Papa: “È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società”

AgenPress. Serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che accoglie, che è “porta”, aperta a tutti, e che è “porto” di misericordia. Una Chiesa che non esige pagelle di “buona condotta”, in cui Dio è al primo posto e con Lui coloro che Egli predilige: i poveri, i deboli, le vittime delle “atrocità” della guerra, i migranti, la gente che il mondo sfrutta “dietro belle parole e suadenti promesse”

È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società.

Il Papa celebra a San Pietro la Messa per la chiusura della XVI Assemblea generale del Sinodo.

“Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma il Signore ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che serve le donne e gli uomini del nostro tempo”. La Chiesa che sogniamo è “una Chiesa che accoglie, serve, ama e non esige mai la pagella di ‘buona condotta”.

Servire e annunciare, ma anche accogliere, adorare, amare. Soprattutto “amare”, dice il Pontefice nella sua riflessione intervallata da citazioni del cardinale Martini e di San Giovanni Crisostomo, perché “l’amore” è il primo comandamento, il “centro propulsore”, il “principio ispiratore”. “Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo”, non le “idolatrie” che sembrano offrire vita quando invece la vita la chiedono in cambio: “Amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi”, questo – afferma il Papa – è “principio e fondamento da cui tutto comincia e ricomincia”.

Chi adora Dio rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi. Ci ingannano e non realizzano mai ciò che promettono, perché sono opera delle mani dell’uomo.

“Sempre – ammonisce Francesco – dobbiamo lottare contro le idolatrie; quelle mondane, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro – il diavolo entra dalle tasche, non dimentichiamolo – il fascino del carrierismo; ma anche quelle idolatrie camuffate di spiritualità: le mie idee religiose, la mia bravura pastorale…”. “Vigiliamo – esorta – perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che Lui”. E “torniamo all’adorazione”

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