Migranti. Medici senza frontiere annuncia ripresa attività soccorso in mare

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AgenPress – Annunciamo oggi il rilancio delle nostre attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale per salvare le vite di migranti e rifugiati che tentano la disperata traversata dalla Libia.

Così Medici Senza Frontiere che opererà con una propria nave la Geo Barents per soccorrere persone in pericolo e fornire loro assistenza medica. “Nel Mediterraneo centrale si continua a morire, in un desolante vuoto di capacità di soccorso. Di fronte alle morti incessanti e alla colpevole inazione degli Stati, siamo obbligati a tornare in mare per portare soccorso, cure e umanità facendo la nostra parte per fermare queste tragedie” dice la presidente di Msf Claudia Lodesani.

Dal 2015 le nostre équipe mediche a bordo di diverse navi di ricerca e soccorso testimoniano con orrore la tragedia umana che si svolge alle porte dell’Europa mentre migliaia di persone rischiano di annegare in mare o vengono riportate con la forza a terribili condizioni in Libia.

Quest’anno scendiamo in mare con una nostra nave, la Geo Barents, per soccorrere persone in pericolo e fornire loro assistenza medica d’emergenza.

Da inizio anno, sottolinea Msf, più di 500 uomini donne e bambini sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. Il terribile naufragio del 22 aprile ha provocato almeno 130 morti, altri sono seguiti nelle settimane seguenti. “Il nostro ritorno nel Mediterraneo, per il settimo anno consecutivo, è il risultato diretto delle sconsiderate politiche di non-assistenza da parte dell’Europa, che condannano le persone a morire in mare” continua Lodesani.

“Negli anni i governi europei, in particolare Italia e Malta stati costieri più coinvolti, hanno progressivamente abbandonato l’attività di ricerca e soccorso, hanno smesso di assistere le persone in pericolo e hanno deliberatamente ostacolato, se non criminalizzato, l’azione salvavita delle organizzazioni in mare. Queste politiche hanno lasciato alla deriva migliaia di uomini, donne e bambini, a rischio di annegare lungo il confine meridionale d’Europa.”

Chi sopravvive rischia di essere intercettato dalla guardia costiera libica supportata dall’Unione Europea e riportato con la forza in Libia (7.000 solo quest’anno). La maggior parte di loro finisce rinchiuso arbitrariamente in pericolosi centri di detenzione dove sono esposti a maltrattamenti, stupri, sfruttamento e perfino la morte.

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