Usa, assalto a Capitol Hill,  spunta un piano per un golpe. Sarebbe stato redatto da un ex colonnello texano dell’esercito

AgenPress – Alla vigilia dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio girava un piano dettagliato per la ripresa del potere da parte di Donald Trump.

A consegnarlo alla commissione del Congresso che indaga sui fatti l’ex capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, che ha affermato di averlo ricevuto via email ma di non averci mai fatto nulla.

Nella presentazione di 38 pagine al vaglio della commissione – riportano il New York Times e il Guardian – si raccomanda all’ex presidente di dichiarare subito lo stato di emergenza per questioni di sicurezza nazionale al fine di ritardare la certificazione della vittoria di Joe Biden da parte del Senato, fissata proprio per il 6 gennaio.

Il piano sarebbe stato redatto da un ex colonnello texano dell’esercito e prevedeva che Trump avrebbe dovuto mantenere il potere, sulla base di una serie di notizie infondate, tra cui il fatto che: «i cinesi hanno sistematicamente ottenuto il controllo sul nostro sistema elettorale», in almeno otto Stati.

La presentazione era intitolata Election fraudo, foreign interference & option for 6 Jan e prevedeva che innanzitutto i senatori e i membri del Congresso venissero avvertiti dell’interferenza straniera nel voto che aveva portato alla vittoria di Biden. A quel punto Trump avrebbe dovuto dichiarare l’emergenza nazionale e annullare l’intera votazione che si era svolta con il voto elettronico.

A quel punto, la presentazione sarebbe servita al presidente per chiedere al Congresso di trovare un rimedio costituzionalmente accettabile.

Nel piano erano indicate anche tre opzioni che il vicepresidente Mike Pence avrebbe dovuto scegliere per forzare la conferma di Trump alla Casa Bianca, sfruttando il fatto che Pence il 6 gennaio avrebbe dovuto presiedere l’aula di Capitol Hill nella seduta congiunta per la certificazione del voto.

Le opzioni prevedevano che fossero dichiarate vincitrici solo le liste a favore di Trump negli Stati chiave, o che venissero respinte le liste a sostegno di Biden, o che venisse ritardata la certificazione dei voti in attesa del riconteggio delle sole schede cartacee.

L’ultima opzione, ricorda il Guardian, richiama la soluzione sollevata dai collaboratori più stretti di Trump il 4 e 5 gennaio guidati dagli avvocati Rudy Giuliani e John Eastman, oltre che dallo stratega dell’ex presidente, Steve Bannon.

 

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