Tassone: “Non ho visto l’opera di Marco Bellocchio su Aldo Moro, volutamente”

Era prevedibile che la DC venisse collocata sotto un cono d’ombra inquietante, carico di sospetti


AgenPress. Non ho visto l’opera di Marco Bellocchio su Aldo Moro, volutamente. Ho raccolto molte amarezze di amici che hanno trovato la narrazione, specialmente sulla DC e i suoi esponenti, discutibile. Era prevedibile che la DC venisse collocata sotto un cono d’ombra inquietante, carico di sospetti.

Si sconfina nella caricatura. Al centro non è il martirio di un giusto, ma la rappresentazione di una DC dove convivono inadeguatezze e superficialità, quando non intenzioni liquidatorie.

Tutto questo ci porta a pensare che l’interesse dell’autore dell’opera televisiva è la condanna di un Partito, dove operano ministri complessati e cinici “operosi”. È una vecchia storia durata un lungo arco temporale: la delegittimazione morale dei cristiani democratici. Riprende con il lavoro televisivo l’attivismo di una certa intellighenzia, che cerca spazi e ribalte teorizzando il primato della cultura di sinistra.

Non c’è una descrizione rigorosa dei processi degenerativi della sinistra, in contestazione dello stesso PCI, che hanno prodotto la lotta armata.

Moro è stata la vittima assieme alla sua scorta e a tanti altri servitori dello Stato. I brigatisti erano considerati, da alcuni “pensatori progressisti “ i “compagni che sbagliano, tormentati da parossismi ideologici. Non dunque belve ma espressioni di ”fenomeni” sociali da studiare attentamente e da trattare con indulgenza.

E a volte questa corsa alla indulgenza ha offerto podi e occasioni di interloquire con l’esterno dove si sono evidenziati rozzi “riserbi” di pentiti a mezza strada. L’oltraggio alla storia dei cristiani democratici, che non è mai scomparso, ritorna a rifiorire quando cadute le “certezze” del bipolarismo, si torna a pensare al centro.

Si, a quel Centro culturale e politico stralciato e avventatamente dichiarato estinto, che oggi ritorna all’attenzione. Nella morsa delle formazioni personali si avverte la esigenza della politica. Un Centro come momento di respiro e di liberazione dai legacci di capi dominatori indiscussi senza visioni ma con lo sguardo al cortile.

Ma un Centro senza un riferimento anche al popolarismo cristiano democratico non può esistere. E non possono essere riferimenti amici che sono in Parlamento per gratificazioni e non per posizioni conquistate. Le regalie immiseriscono e non esaltano. Forse siamo allo snodo. Ci sono oggi le condizioni per ritrovarci.

Per essere attrattivi bisogna rivendicare un pensiero, una scelta di vita e non rappresentare ambizioni personali. Avremo modo di parlare della Margherita, dell’Ulivo e del PD. Ci dobbiamo rifare alla scissione del 1995 del PPI. Molti andarono a sinistra e oggi si accorgono della loro irrilevanza.

Ripartiamo da allora per riprendere il nostro ruolo e la nostra dignità.

Mario Tassone

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