Silvia Romano. Perquisizioni alla Onlus Africa Milele. Dubbi sul “progetto Gaza”

Agenpress – Perquisizioni dei carabinieri del Ros nella sede della Onlus Africa Milele nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sul sequestro di Silvia Romano. La Procura vuole verificare se, quando la giovane cooperante milanese venne rapita, fosse stata messa in condizioni di svolgere le sue attività in sicurezza in Kenia. Da quanto si apprende è stata acquisita documentazione relativa alle attività della onlus e materiale informatico: i carabinieri avrebbero copiato alcuni hard disk e il contenuto dei telefoni.

“E’  sorprendente che una Onlus come la Africa Milele che ha entrate per 55mila euro ne spenda più di 5mila per un progetto di aiuti a Gaza. A Gaza, dico, tenuta d’ occhio da Israele proprio per l’ uso improprio che degli aiuti fa il gruppo terrorista Hamas. Dovrebbero stare un po’ più attenti a scegliere le aree di intervento, dice  Stefano Piazza, coordinatore dell’ Osservatorio sul fondamentalismo e il terrorismo dell’ Università della Calabria.

Ma Africa Milele – che significa “Africa per sempre” in lingua swahili – ha un modo di procedere per lo meno un po’ ruspante. Per dirne una, non si sono mai curati che Silvia Romano, la ragazza milanese rapita due anni fa in un villaggio keniota in cui prestava aiuto umanitario per conto della piccola ong marchigiana, avesse una assicurazione per malattie e infortuni. I Romano ancora non hanno perdonato la leggerezza dell’ organizzazione fondata da Lilian Sora nel 2013.

Stando ai bilanci dell’ organizzazione pubblicati sul suo sito Internet, nei primi sei anni di attività, cioè fino al 2018, Africa Milele ha rastrellato fondi per circa 300mila euro e li ha tutti spesi (è una organizzazione senza scopo di lucro). Dalle tabelle salta all’ occhio quella donazione del 2018 per un non meglio specificato “Progetto Gaza. Il punto è che Israele monitora le attività delle ong occidentali perché ha scoperto che i fondi investiti da alcune di esse in territorio palestinese sono in realtà finiti nelle casse dei gruppi armati”.

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