Scomparsa Maroni. Tassone: “Un ricordo caro per un collega che fu il volto umano della Lega e che coltivava il dialogo: un esempio per tutti”

AgenPress. La notizia della scomparsa di Roberto Maroni oltre al dolore, mi ha creato un turbinio di ricordi di un tempo lontano frenetico e interessante. Ci trovammo con Roberto all’inizio degli anni novanta. Prendevano corpo quei mutamenti che avrebbero messo in discussione gli equilibri politici su cui la nostra repubblica era nata e si era affermata.

Il crollo del muro di Berlino, la rivisitazione anche nei comunisti italiani di testi ritenuti fino allora intoccabili, favorirono una svolta che mise in discussione i riferimenti democratici del nostro Paese.  Quello che non era riuscito ai terroristi che avevano colpito tanti innocenti e non ultimo Aldo Moro e la sua scorta, si andava consolidando per altre vie incruenti.

La rivoluzione di alcuni procuratori all’inizio degli anni ‘90 si abbatteva sulla classe dirigente dello Stato, con il sostegno degli intellettuali di sinistra, prodighi di iniziative propagandistiche e avari di ragionamenti. I partiti, con la esclusione del PCI, venivano ridimensionati o posti in “liquidazione”.  Erano gli anni della contestazione, l’affermarsi delle individualità e dei localismi: il solidarismo entrava in crisi.  Nasceva la Lega.

Un Movimento politico che si assumeva la rappresentanza degli interessi delle regioni del Nord con un visione che non andava a favorire la unità del Paese. Umberto Bossi, il fondatore della Lega Nord per la Indipendenza della Padania, denunciava le malefatte di “Roma ladrona” e il parassitismo dissipatore di risorse delle regioni meridionali a danno di quelle del Nord. La secessione era il “refrain” e l’offesa al tricolore, la provocazione. La Lega  aumentava i consensi.

In quella fase, Roberto Maroni svolse un ruolo decisivo. Con intelligenza e accortezza seppe stemperare tensioni ,mitigare eccessi propagandistici. Operò perché il senso della responsabilità non venisse meno e che l’Italia fosse il patrimonio di tutti.

Il giuramento di Pontida era l’aspetto folcloristico e propagandistico, mentre l’agire era altro. Maroni ebbe coraggio nel manifestare dissenso per alcuni posizioni assunte da Bossi, al quale rimase leale. Il suo dissenso lo manifestava con argomentazioni chiare senza nascondersi nel comodo incomprensibile ”farfugliare”.

Roberto fu un bravo Ministro dell’Interno e del Lavoro. Dialogava con tutti. E in quella stagione carica di tensioni ebbe equilibrio e rispetto delle istituzioni. Quando a Montecitorio un deputato del Suo Movimento esibì il cappio Lui seppe reagire favorendo una svolta sostanziale dì moderazione.

Il Paese deve molto a Maroni. Diede un grande contributo perché la rivoluzione della Lega fosse “atipica”: una rivoluzione per correggere e non per distruggere. Per l’Unione Europea aveva grande attenzione, dissociandosi, di fatto, dagli anti-europeisti.

Un ricordo caro per un collega che fu il volto umano della Lega e che coltivava il dialogo: un esempio per tutti.

Mario Tassone

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