Rotondi: “Per fortuna che c’è l’Arnaldo” era una battuta ricorrente nei circoli democristiani

AgenPress. “Per fortuna che c’è l’Arnaldo” era una battuta ricorrente nei circoli democristiani, ed era la parafrasi della nota strofa di Giorgio Gaber. Nell’era democristiana il massimo della dissacrazione era questo, il verso di una canzone, una metafora canora. Come il Riccardo di Gaber, anche Arnaldo giocava da solo, non al biliardo, ma al risiko spericolato delle correnti democristiane, tra le quale si destreggiava con spirito di autonomia da tutte, compresa la sua, quando ne ebbe una, costretto dagli amici.

Arnaldo Forlani è stato con Moro il solo leader democristiano autorevole e rispettato a prescindere dal seguito correntizio. A sinistra fu pure definito ‘il Moro dei poveri’, ma lui non se ne offese, rispettoso com’è della memoria e della lezione di Moro.

Come tutti i democristiani senza corrente, Forlani non ebbe vita facile. Veniva ignorato da chi manovrava la cucina del potere, lui che pure col potere ha avuto grande confidenza, ma con discrezione, come racconta nella sua bellissima biografia ‘Potere Discreto’.

C’era sempre un momento, però, in cui i notabili democristiani bussavano alla sua porta, e coincideva con la crisi della Dc. Forlani è stato la Dc, più di chiunque altro. Del resto era predestinato: giunto a Roma da studente prese alloggio in un pensionato a piazza del Gesù, dove al piano di sotto aveva sede lo studio legale in cui faceva pratica Giulio Andreotti. I due si conobbero così, ignorando che di lì a poco quel condominio sarebbe divenuto sede e simbolo di un partito che li avrebbe issati ai massimi onori istituzionali, fino a sfiorare entrambi- e in lizza tra di loro – il Quirinale.

Quando c’era maretta, i dc si ricordavano di Forlani. ’Per fortuna c’è l’Arnaldo’ cantarono a inizio anni settanta, quando il vento del ‘68 turbava l’eternità democristiana, e il partito si rilanció con la guida di due quarantenni, Arnaldo e il suo vice Ciriaco De Mita. Il loro patto fu sancito a San Ginesio, e il santo fu generoso nelle benedizioni, vista la carriera dei contraenti e la loro longevità eccezionalmente lucida.

Per fortuna ci fu l’Arnaldo in tutte le curve pericolose della Repubblica: il suo unico governo gestì terremoti e scandali massonici; la sua contrapposizione a Zaccagnini diede due volti puliti a una Dc a rischio di scissione; la sua ultima segreteria fu il tentativo di salvare la balena bianca.

Forlani aveva la testa giusta per condurre la Dc nell’era del maggioritario, trasformandola in un moderno partito liberal-conservatore; ma la congiura antidemocristiana prevedeva la fine del partito, e dunque la testa di Forlani fu tagliata da una mannaia giudiziaria che sarebbe culminata con la sentenza di condanna fondata sul ‘non poteva non sapere’, un abominio giuridico dettato dalla forza inesorabile delle operazioni di sistema.

La storia democristiana è stata poi punteggiata da scissioni e ricomposizioni che hanno fatto molta cronaca e poca storia. Arnaldo le ha seguite tutte con affetto e ironia, mai mescolandosi. Alla freddezza con cui ha bevuto la cicuta della condanna, Arnaldo ha aggiunto una sorta di pena accessoria che si è dato da solo, ossia la rinuncia a qualsiasi partecipazione alla politica, che pure è stata la passione della sua vita.

Ci ha dato e ci dà consigli, con affetto, sempre. In questi anni più volte abbiamo dovuto cantare anche noi: ’per fortuna che c’è l’Arnaldo’. E glielo scriviamo anche oggi, nel giorno del suo 95esimo compleanno: per fortuna che c’è, ci sarà ancora a lungo, con la sua lucida ed elegante maturità prolungata. E con la sua maturità, si prolunga anche la nostra giovinezza dedicata agli ideali che Arnaldo ha saluto suscitare e mantenere vivi in tutti noi.

Fonte: La Discussione

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