Rotondi: “I democristiani non hanno saputo giocare la partita del bipolarismo, che loro stessi hanno voluto”

In questi giorni si compiono ventotto anni dal patto con cui il segretario del Ppi, professor Buttiglione, collocò l’ultima Dc, già elettoralmente ridimensionata, nel centrodestra

AgenPress. La caratteristica di alcuni vecchi democristiani è che purtroppo ormai sono più vecchi che democristiani. Ne leggo alcuni scatenati sui social contro i fascisti e la Meloni, generalmente taggano i loro nuovi amici del Pd, un pò per accreditarsi, un pò per cercare facile consenso in un luogo dove alcune parole d’ordine funzionano sempre.
Vogliamo provare a riordinare il nastro degli avvenimenti in casa democristiana? Proprio in questi giorni si compiono ventotto anni dal patto con cui il segretario del Ppi, professor Buttiglione, collocò l’ultima Dc, già elettoralmente ridimensionata, nel centrodestra.
La sinistra interna contestò la decisione, spaccando il partito e determinando la nascita di due formazioni democristiane, il Cdu e il Ppi. Fu l’inizio di uno scissionismo culminato nelle odierne settantasette sigle postdemocristiane.
La tesi del professor Buttiglione era che i popolari, collocati nel campo giusto, quello opposto alla sinistra, avrebbero di nuovo vinto. La tesi della sinistra interna, invece, era contraria: solo opponendosi a Berlusconi si ritrovava lo spirito originario, anche a costo di realizzare un’alleanza con gli avversari di ieri, i post- comunisti.
I fatti dimostrano che il professor Buttiglione aveva ragione: ovunque nel mondo i partiti democristiani esistono solo come forza antagonista della sinistra, con la quale si alleano eccezionalmente, e per brevi periodi, sempre pagando un pesante pedaggio elettorale. I popolari italiani hanno reso stabile quella alleanza nell’Ulivo , e poi addirittura in un partito unitario, il Pd, oggi guidato dalla radicale Schlein. Mi sembra evidente che a sinistra non vi è stata la fioritura ma il soffocamento del seme popolare.
Con onestà bisogna riconoscere che a destra non è andata meglio: Buttiglione aveva ragione a dire che il campo dei popolari era quello moderato, ma il Ppi doveva presidiarlo prima e non dopo la discesa in campo di Berlusconi. Martinazzoli poteva fermare l’iniziativa di Berlusconi, ridando al Ppi la guida dell’alleanza moderata, con la benedizione e lo strombazzo delle televisioni di Silvio, terrorizzato dalla vittoria dei comunisti.
Il Ppi del mite professor Buttiglione poteva recuperare ben poco: Berlusconi era già alla guida di una coalizione nuova di zecca, vincente e destinata a durare trent’anni. La sopravvivenza di una testimonianza democristiana si deve più alla generosità di Berlusconi che alla nostra capacità di svolgere una iniziativa originale.
Adesso c’è la Meloni, che ha profittato degli errori di Berlusconi esattamente come questi utilizzò gli sbagli democristiani. La nemesi storica ha voluto che Silvio commettesse gli stessi errori di Martinazzoli: dieci anni di alleanze con la sinistra hanno svuotato Forza Italia, prima a favore della Lega, poi di Fdi; la rinuncia di Fi ad alleanze generose l’hanno ripiegata nella forma di un partito di testimonianza molto simile al Ppi di Martinazzoli.
Il risultato è stato la vittoria di Giorgia Meloni, che non viene dal fascismo, e neppure dal Movimento Sociale, bensì dal centrodestra della seconda Repubblica: Alleanza Nazionale, Popolo delle Libertà.
La vogliamo dire tutta? I democristiani non hanno saputo giocare la partita del bipolarismo, che loro stessi hanno voluto.
Per un complesso culturale verso i comunisti, il Ppi rinunciò a svolgere la funzione che era stata della Dc, e questa è stata esercitata da forze politiche nuove, con la lunghissima leadership di Berlusconi, e quella nuova e altrettanto promettente di Giorgia Meloni.
Dopodiché gli ultimi popolari possono anche scegliere di abbaiare al fascismo insieme ai dieci superstiti dei centri sociali. Ma direi che così aggiungiamo solo uno sberleffo a una sconfitta storica che già dovrebbe bruciare da sola.
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