Querele, Klaus Davi: “Preferisco il carcere alle pene pecunarie”

Chiedere 50mila euro a un cronista antimafia significa azzerarlo


AgenPress. «Ho una quindicina di procedimenti penali distribuiti tra varie procure. I denuncianti? Tutti i bei nomi della criminalità organizzata di Buccinasco (MI), Reggio Calabria, Lamezia, Locri, Rosarno, Vibo Valentia, Limbadi, eccetera… Ma anche Palermo…

Ora leggo che il Governo vorrebbe rivoluzionare il reato di diffamazione, niente più carcere ma solo sanzioni economiche che però possono essere salatissime: se rettifiche o smentite non verranno pubblicate a due giorni dalla ricezione della richiesta, il giudice potrà ordinare la pubblicazione e comminare multe da 5.165 a 51.646 euro, ma il minimo sale a 10mila se si tratta di un fatto determinato.

Sono contrario. Preferisco il carcere che rischiare di finanziare anche solo indirettamente la criminalità organizzata in caso di sentenze di condanna definitive, magari appese a un cavillo. Potendo scegliere, scelgo il carcere e non lo dico provocatoriamente.

Aumentando le pene pecuniarie si uccide il giornalismo, soprattutto quello locale, che è ancora più vulnerabile rispetto alle cosiddette querele temerarie, ma soprattutto usando la leva economica si indebolisce la libertà di espressione».

Lo dichiara il giornalista e massmediologo Klaus Davi in merito alla proposta di legge sulla diffamazione presentata dal senatore di FdI Alberto Balboni.

«Chiedere 50mila euro a un giornalista antimafia significa azzerarlo e metterlo in serio pericolo», chiosa Davi.

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