Qatargate. Dai sacchi pieni di soldi nella casa di Eva Kaili alle vacanze da 100mila euro ed una villa a Cervinia

AgenPress – Si allarga il Qatargate, dai dai sacchi pieni di denaro trovati nel domicilio della vicepresidente del Parlamento Europeo Eva Kaili, a Bruxelles, alle  trattative in corso per l’acquisto di una villa a Cervinia, vacanze da sogno per fine anno e numerosi regali e benefit ricevuti o da elargire per ottenere dei benefici.

Kaili  stata fermata nell’ambito dell’inchiesta per presunta corruzione in flagranza, cosa che spiega il motivo per cui non è scattata l’immunità parlamentare, che viene meno in questi casi.

Sono 16 le perquisizioni domiciliari effettuate dalla giustizia federale belga nell’ambito di un’indagine per presunta corruzione, attività criminale organizzata e riciclaggio di denaro. L’indagine era cominciata a metà luglio 2022. A rivelarlo è la stampa locale Le Soir e Knack. Tra i quattro italiani fermati figurano l’ex europarlamentare Pd (ora Articolo 1 – Liberi e Uguali) Antonio Panzeri (67 anni) e l’attuale segretario generale dell’organizzazione internazionale dei sindacati (Ituc) Luca Visentini (53 anni). Fermata anche la vice presidente del Parlamento europeo, la greca Eva Kaili.

Davanti alla Corte d’Appello di Brescia, udienza di convalida dell’arresto di Maria Colleoni e Silvia Panzeri, moglie e figlia dell’ex eurodeputato Antonio Panzeri, fermate ieri nell’abitazione di famiglia a Calusco d’Adda, in provincia di Bergamo.

Secondo gli inquirenti belgi le due donne infatti non solo sarebbero state a conoscenza delle “operazioni” di Panzeri, ma avrebbero avuto un ruolo attivo.

Accusate di favoreggiamento, sono ritenute ‘pienamente consapevoli’ delle attività del marito e padre e ‘persino del trasporto di doni’. Panzeri ‘è sospettato di essere intervenuto politicamente al Parlamento Europeo a beneficio di Qatar e Marocco’. Durante la perquisizione in casa di Panzeri, si legge, le autorità avrebbero ritrovato 500mila euro in contanti.

Tra gli arrestati, oltre a Panzeri e Visentini, i media riferiscono esserci anche il direttore di una ong e un assistente parlamentare, anch’essi di origine italiana. Si tratta di personalità attive nelle associazioni per i diritti umani. Panzeri è anche presidente di Fight Impunity, nel cuore di Bruxelles, in rue Ducale, che promuove “la lotta all’impunità per gravi violazioni dei diritti umani” e la giustizia internazionale. Tra le sedi perquisite ci sarebbe infatti anche quella dell’associazione.

Le due donne, difese da Angelo De Riso e Nicola Colli, davanti al giudice della Corte d’Appello di Brescia che ha convalidato l’arresto e concesso i domiciliari, hanno detto di “non essere a conoscenza di nulla” di quanto è stato contestato. Ossia, come si legge nell’atto che viene inserito nella banca dati della polizia di tutti i Paesi di area Schengen, di “essere consapevoli delle attività del marito/padre e addirittura di partecipare nel trasporto dei ‘regali’ dati in Marocco attraverso Abderrahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia”. Nella sommaria descrizione dei fatti il magistrato, sottolineando che vige la “presunzione di innocenza”, scrive che i reati emergono dalla trascrizione di intercettazioni tra Panzeri, anche fondatore di Fight impunity, e la moglie.

In attesa della trasmissione del Mae, il mandato di arresto europeo nel quale sono riportati nel dettaglio i passaggi dell’inchiesta che ha travolto il Parlamento europeo, spunta anche un dialogo in cui si fa riferimento a una vacanza nel periodo natalizio per tutta la famiglia costata 100mila euro. Cifra su cui sono in corso accertamenti e di cui ha parlato al telefono la moglie.

Nel documento, una scheda di quattro pagine in cui sono riassunte alcune conversazioni, si spiega che Maria Colleoni e Panzeri avrebbero usato una carta di credito di una terza persona chiamata “il gigante” (“ge’ant”). Inoltre, a proposito dell’organizzazione di una vacanza per la famiglia durante la pausa di Natalie, parlando di costi e sottolineando di “non potersi permettere di spendere 100 mila euro (…) come nell’anno precedente“, Maria Colleoni avrebbe detto al marito di “aprire un conto bancario in Belgio” sul quale non voleva “che lui facesse qualsiasi operazione senza che lei potesse controllarlo”. E poi gli consigliò di aprire un conto con “partiva Iva, il che suggerisce che Panzeri avrebbe potuto cominciare una nuova attività commerciale soggetta a Iva”. Ciò dimostra che la moglie eserciterebbe “una sorta di forma di controllo sull’attività – annota il giudice – del marito o che lei per lo meno cercasse di mantenere qualche controllo”.

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