Papa Bergoglio non rappresenta la Chiesa testamentaria. Una verità scomoda ma reale. Sarebbe il caso che si dimettesse

AgenPress. Credo che l’unica via per tentare una meno cruenta riflessione sulla stretta dei conflitti terribili che stanno avvenendo oggi nella Chiesa, riflessione che potrebbe avere una “uscita di sicurezza” nell’incessante diverbio tra realtà vaticana, mondo cattolico e cristianità, sia che papa Bergoglio si dimetta. Non che Egli sia talmente ingombrante, ma incarna una figura, non solo non autorevole, quanto piuttosto rappresentante di un’ala pervasa da una “politica” radicale nell’immaginario e nel reale di una Chiesa profondamente in crisi.

È talmente grave e problematica la discussione tanto da sfiorare il limite dello scontro, se pur a volte dialettico, ma pur sempre in veste di polemica dura, soprattutto dopo la scomparsa di papa Benedetto XVI. Uno scontro che non interessa o riguarda soltanto le forme di proposte di una teologia del cosiddetto progresso o pregresso post conciliare.

Papa Bergoglio pare navigare in una illusoria nuvola clerico-vaticanea di poteri esplosi vigorosamente non soltanto per le dichiarazioni di alcuni cardinali o per le testimonianze del segretario di Benedetto. Lo scontro è tra due modalità differenti di concepire il ruolo e la Parola della Chiesa. Certo, la discontinuità tra i due papati, Francesco e Benedetto, è vigorosamente acclamata. Due percorsi alternativi che con l’assenza di Benedetto si sono fortemente accentuati.

La Tradizione e il Relativismo. Vado oltre il conservatore e il progressista: queste sono due divagazioni di ordine “politico”. Ma il conflitto è teologico, filosofico, storico, metafisico, ontologico e “ideologico” soprattutto quando si insiste sul discorso di una “Chiesa del progresso”, quando, in realtà, è Chiesa del relativismo.

Bergoglio ha sradicato il concetto di Tradizione all’interno della Chiesa come “valore cristiano” pre conciliare, disarticolando il modello di una Chiesa paolina vissuta sia da Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI, non tenendo conto che questi ultimi avevano depositato l’esperienza conciliare nella mera combinazione di società nuova e innovazione.

Proprio Benedetto riporta sulla scena la centralità dell’operato ontologico e spirituale di San Paolo nella consapevolezza della affermazione neo testamentaria e testamentaria delle Lettere e dei Sinottici, non nella interpretazione bensì nella fedeltà della Parola. Ma ci siamo mai chiesti perché papa Bergoglio è tanto osannato dai progressisti e dalle ideologie da loro guardate con interesse? Cosa rappresenta Bergoglio per i progressisti? Il superamento delle vere affermazioni paoline.

I fatti di cronaca, fatti e misfatti, sono elementi a latere del grosso problema della evangelizzazione testamentaria in contrasto con quella che si vuole fare passare come evangelizzazione ambientale e sociale. Il Testamento è definizione della Parola e quindi rappresenta una trasmissione di Fede attraverso regole, forme e concetti chiari che non possono essere trasgrediti. È pur vero che sono cambiate le società costantemente in transizione, ma è anche vero che la Tradizione o si tramanda con i suoi Comandamenti ai quali si resta fedeli, o si è oltre o, meglio, si è fuori la missione dettata dalle Lettere paoline e dai Vangeli che nascono dalla eredità dell’Antico Testamento.

Perché non si riescono, o non si vogliono comprendere, questi fattori? Lo scontro è tra una civiltà cristiana della Tradizione e una cultura che vuole superare la Tradizione. È in questo ultimo inciso la missione e il comportamento di papa Bergoglio che propone una ragione dentro la fede. Ragione e Fede: una fenomenologia la prima, una devozione fedele alla spiritualità la seconda. Non possono essere una unica prospettiva, si confrontano, dialogano ma non si può andare oltre sul piano teologico e filosofico. Chiariamoci una buona volta. Ma le polemiche hanno fatto esplodere tutto. Benedetto era baluardo e riferimento della Tradizione perché era il centro di una Chiesa testamentaria. Con la sua scomparsa è esploso e imploso il mondo cattolico ponendo sul tappeto il cattolicesimo relativista distante dalle identità testamentarie da una parte e dall’altra la cristianità erede della “verità” paolina, agostiniana, giovannea e benedettina.

Questo è il vero problema.

Ciò che avviene o appare in questi giorni è cronaca che, comunque, parte da questi fattori di fondo che si trasformano in “categorie” della prassi e testimonianze della spiritualità. In tutto questo vi sono le devastanti prese di posizioni che provengono dagli schieramenti che Francesco non ha la forza di gestire, di reggere, di redimere e che è parte integrante non di un Sinodo, quello della Amazzonia, ma di ciò che questo Sinodo possa rappresentare e mettere in campo nel nome proprio di una Chiesa occidentale fortemente in caduta libera rispetto alla Tradizione in un momento in cui il dialogo tra cristianesimo cattolico e religiosità ortodossa è necessità di una teologia altra rispetto al pensiero di un relativismo della leggerezza.

Papa Bergoglio farebbe bene, in nome della fede in Cristo o di un papato in Cristo, a lasciare il soglio petrino. Sarebbe la verità più giusta o la più giusta posizione per dare un senso alla verità, non a quella meramente cattolica ma alla verità cristiana o alla cristiana verità. Oggi si ha bisogno di recuperare, dalla parola di Cristo in Croce e redentore, la Tradizione testamentaria della carità e del popolo in Dio e non soltanto di un geo ambientalismo. I problemi di una società in mutamento non si affrontano creando delle deviazioni a ciò che rappresenta il Nuovo Testamento nel mondo cristiano. Altrimenti si dica chiaramente che si intende cambiare il Testamento e qui si entra in un nuovo discorso. Il fatto è che Papa Bergoglio non rappresenta la Chiesa testamentaria. Una verità scomoda ma reale. A questo punto, forse è il caso che si dimetta. Una decisione che richiede coraggio.

Pierfranco Bruni (Presidente Nazionale Centro Studi Francesco Grisi e v. Presidente Sindacato Libero Scrittori)

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