Mons. Georg Gänswein: “So che Papa Benedetto adesso è dove voleva andare”

AgenPress. Provato, commosso, ma al tempo stesso in pace. L’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare prima del cardinale Joseph Ratzinger e poi di Papa Benedetto XVI. Racconta gli ultimi momenti dell’esistenza terrena dell’uomo che dal 2005 al 2013 ha servito la Chiesa come Vescovo di Roma.

Le sue ultime parole non le ho sentite io con le mie orecchie, ma la notte prima della morte le ha sentite uno degli infermieri che faceva la guardia. Verso le tre: “Signore, ti amo”. L’infermiere me l’ha detto la mattina appena sono arrivato nella camera da letto, queste sono state le ultime parole veramente comprensibili. Di solito, pregavamo le lodi davanti al suo letto: anche quella mattina ho detto al Santo Padre: “Facciamo come ieri: io prego ad alta voce e lei si unisce spiritualmente”. Non era infatti più possibile che potesse pregare ad alta voce, era proprio affannato.

Lì ha soltanto un po’ aperto gli occhi – aveva capito la domanda – e ha fatto segno di sì con la testa. Così ho incominciato. Verso le 8 iniziava a respirare in maniera sempre più affannata. C’erano due medici – il dottor Polisca e un rianimatore – e mi hanno detto: “Temiamo che adesso verrà il momento in cui dovrà sostenere l’ultima sua lotta in terra”.

Ho chiamato le memores e anche suor Brigida, ho detto loro di venire perché si era arrivati all’agonia. In quel momento era lucido. Avevo già preparato prima le preghiere di accompagnamento per il moribondo, e abbiamo pregato per circa 15 minuti, tutti insieme mentre Benedetto XVI respirava sempre più affannato, sempre più si vedeva che non riusciva a respirare bene. Allora ho guardato uno dei dottori e ho chiesto: “Ma, è entrato in agonia?”. Mi ha detto: “Sì, è iniziata ma non sappiamo quando tempo dura”.

Era un uomo profondamente convinto che nell’amore del Signore non si sbaglia mai, anche se umanamente si fanno tanti errori. E questa convinzione gli ha dato la pace e – si può dire – questa umiltà e anche questa chiarezza. Diceva sempre: “La fede dev’essere una fede semplice, non semplicistica, ma semplice. Perché tutte le grandi teorie, tutte le grandi teologie si basano sul fondamento della fede. E questo è e rimane l’unico nutrimento per se stessi e anche per altri”.

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