Mafia. Ultimo, la Procura decise di non perquisire il covo di Riina. Replica Caselli, furono i Ros a chiederlo

AgenPress – “Le sentenze si rispettano anche quando, a volte, non si capiscono. La mancata perquisizione al covo di Riina? Basta leggere il verdetto con il quale sono stato assolto da quell’accusa. La decisione fu presa dalla Procura, non certo dai carabinieri che non capisco cosa c’entrino”. A commentare così le motivazioni della sentenza sulla cosiddetta trattativa Stato – mafia è il capitano Ultimo, nome in codice del colonnello Sergio De Caprio, l’ufficiale del Ros che il 15 gennaio del 1993, quando era a capo del Crimor, arrestò Totò Riina dopo 24 anni di latitanza. Uno dei testimoni diretti di quelle vicende sfociate poi in inchieste giudiziarie dalle quali i vertici del Ros sono stati assolti.

“La responsabilità della Procura, che ha il compito di coordinare l’attività di polizia giudiziaria, è un dato oggettivo non certo un opinione – sottolinea Ultimo – personalmente posso solo dire di essere felice che il generale Subranni, il generale Mori e il colonnello De Donno siano stati riconosciuti innocenti”.

La mancata perquisizione del covo di Riina fu chiesta dai vertici del Ros alla Procura di Palermo “allo scopo di permettere lo sviluppo di indagini coperte sui soggetti che assicuravano protezione al boss”, replica l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli.

“Segnalo che in un memoriale pubblicato dal quotidiano “Il Riformista” il 26 ottobre 2021, a firma del generale Mario Mori, comandante del Ros all’epoca dei fatti – scrive Caselli -, si legge che la decisione di non perquisire subito era stata prospettata dal capitano Sergio de Caprio e da lui sostenuta. Ciò allo scopo di permettere lo sviluppo di indagini coperte sui soggetti che assicuravano protezione al Riina. Come del resto già sostenuto in un documento ufficiale del Ros indirizzato all’epoca dei fatti alla procura di Palermo, nel quale si spiegava che il rinvio della perquisizione era stato necessario per evitare ogni intervento immediato o comunque affrettato e per non pregiudicare ulteriori acquisizioni che dovevano consentire di disarticolare la struttura economica e quella operativa facente capo a Riina”. Le dichiarazioni di “Ultimo” si collegavano alla motivazione della sentenza riguardante il processo sulla cosiddetta trattativa, nella quale i giudici della Corte d’assise d’appello scrivono che gli ufficiali del Ros, tutti assolti, con la mancata perquisizione della abitazione di Riina intendevano lanciare un “segnale di disponibilità” al dialogo alla componente moderata non stragista di Cosa nostra.

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