Firenze. Sebastian, il rider investito durante una consegna, “licenziato” da Glovo dopo la morte. Poi le scuse

AgenPress – “Gentile Sebastian, siamo spiacenti di doverti informare che il tuo account è stato disattivato per il mancato rispetto dei termini e delle condizioni”, recita così parte della mail inviata da Glovo al giovane rider morto dopo essere stato travolto da un’auto mentre effettuava una consegna. Di fatto l’azienda ha comunicato a Sebastian Galassi il licenziamento il giorno dopo la sua morte, un provvedimento preso probabilmente dopo alcune lamentele giunte da clienti insoddisfatti che non avevano ricevuto il proprio ordine”.

“Lui era già morto e lo hanno licenziato: Glovo ha disattivato l’account per mancato rispetto di tempi e condizioni”, dicono i familiari.

In seguito all’incidente, la catena “Glovo” aveva disattivato l’account del corriere, generando un equivoco con la famiglia della vittima che aveva ricevuto la notizia del “licenziamento” con una email generata automaticamente.

“Il suo account è stato sospeso per proteggere l’identità del suo profilo – spiega Glovo in una nota –. Un messaggio automatico è stato inviato per errore. Siamo profondamente dispiaciuti perché ciò potrebbe aver causato ulteriori sofferenze alla sua famiglia e ci scusiamo per l’accaduto”. Glovo ha aggiunto di essere “in contatto con la famiglia per sostenerla in questo momento difficile”.

A casa Galassi il giorno dopo la morte del giovane rider è giunta infatti una telefonata di scuse proprio da parte degli uffici di Glovo: “Non ci sono parole. Ci hanno detto che è stato un errore,  il suo account è stato sospeso per proteggere l’identità del suo profilo e quel messaggio è partito in automatico: hanno promesso di inviare un contributo per le spese del funerale”.

“Esprimiamo cordoglio e vicinanza alla famiglia di Sebastian Galassi. Una tragedia che doveva essere evitata”, dicono i segretari confederali di Cgil, Cisl, Uil, Tania Scacchetti, Tiziana Bocchi, Giulio Romani. “Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, lavoro dignitoso e contrattualizzato non possono essere considerati privilegi – aggiungono in una nota -. Dei ciclofattorini si parla tanto, ma purtroppo – proseguono i tre dirigenti sindacali – per molti di loro la realtà di tutti i giorni è ancora il cottimo. Non è accettabile”. “Senza regole, senza diritti non può essere considerato lavoro. Le aziende – concludono Scacchetti, Bocchi, Romani – aprano gli occhi e aprano un confronto serio”.

 

 

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