Cei: troppi morti sul lavoro, intollerabile tributo di lacrime. Precari maggiormente a rischio

AgenPress – “Un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane. Lo scenario che abbiamo davanti è drammatico: nel 2021 sono stati 1.221 i morti (dati Inail), cui si aggiungono quelli “ignoti” perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero, un ambito sommerso in cui si moltiplicano inaccettabili tragedie. Siamo di fronte a un moderno idolo che continua a pretendere un intollerabile tributo di lacrime. Tra i settori più colpiti ci sono l’industria, i servizi, l’edilizia e l’agricoltura. Ogni evento che si verifica è una sconfitta per la società nel suo complesso, ogni incidente mortale segna una lacerazione profonda sia in chi ne subisce gli effetti diretti, come la famiglia e i colleghi di lavoro, sia nell’opinione pubblica”.

Lo sottolinea la Conferenza episcopale italiana nel Messaggio per il Primo maggio.

“Non ci sono solo le morti: gli infortuni di diverse gravità esigono un’attenzione adeguata, così come le malattie professionali domandano tutela della salute e sicurezza. Ci sono interventi urgenti da attuare, agendo su vari fronti.
La nostra coscienza è interpellata anche da quanti sono impegnati in lavori irregolari o svolti in condizioni non dignitose, a causa di sfruttamento, discriminazioni, caporalato, mancati diritti, ineguaglianze.

Il grido di questi nuovi poveri sale da un ampio scenario di umanità dove sussiste una violenza di natura economica, psicologica e fisica in cui le vittime sono soprattutto gli immigrati, lavoratori invisibili e privi di tutele, e le donne, ostaggi di un sistema che disincentiva la maternità e “punisce” la gravidanza col licenziamento. È ancora insufficiente e inadeguata la promozione della donna nell’ambito professionale. A questa attenzione ci sollecita anche la figura di Armida Barelli, beatificata il 30 aprile a Milano: promosse numerose iniziative per la valorizzazione della donna.

In tutte queste situazioni non solo il lavoro non è libero, né creativo, partecipativo e solidale (cfr Evangelii gaudium 192), ma la persona vive nel costante rischio di vedere minata irrimediabilmente la sua salute e messa in pericolo la sua stessa esistenza.
Anche il mercato del lavoro presenta falle consistenti che sono tra le cause delle cosiddette «morti bianche».

La crescente precarizzazione costringe molti lavoratori a cambiare spesso mansione, contesto lavorativo e procedure, esponendoli a maggiori rischi. Spesso, inoltre, le mansioni più pericolose sono affidate a cooperative di servizi, con personale mal retribuito, poco formato, assunto con contratti di breve durata, costretto ad operare con ritmi e carichi di lavoro inadeguati, in una combinazione rovinosa che potenzia il rischio di errori fatali”.

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