Bertinotti: “Sul fascismo con Giorgia Meloni siamo tornati a prima di Fini”

AgenPress. Intervista a Fausto Bertinotti, già sindacalista della Cgil, presidente della Camera dei Deputati e segretario di Rifondazione Comunista. Fausto Bertinotti: “Il nuovo fascismo si è insinuato nella battaglia dei no-vax contro quella che chiamano “dittatura sanitaria”.


La Cgil è stata attaccata fisicamente. Un segnale inquietante?

Come diceva quel vecchio saggio, la madre del fascismo è sempre incinta. Naturalmente uno non deve aspettarselo sotto le forme mussoliniane o del regime fascista. Deve trovarlo nelle nuove forme di aggressione alla democrazia, al diverso, all’umanità. L’attacco alla Cgil disvela che, dentro un coacervo delle più variegate forze, quali sono quelle che compongono l’universo no-vax, si sono mimetizzate queste forze squadristiche, venute alla luce francamente in modo imprevedibile. Per quanto potesse avere un giudizio critico sulla situazione italiana, sulla crisi della politica e su quella sociale, uno era portato a pensare che la sede della Cgil fosse, in qualche misura, un luogo sacro della democrazia italiana. Hanno portato via la grande immagine di Luciano Lama. Una cosa inaudita. La dimostrazione lampante della vergogna a cui è giunta l’ala squadristica, che ha assaltato la Cgil. Luciano Lama è il simbolo dell’Italia migliore. Dell’Italia partigiana e della Resistenza prima, della lunga costruzione della democrazia poi, passando per mille prove, ma restando sempre dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori. La condanna, da parte di chiunque appartenga al campo democratico, non può che essere netta e irrevocabile.

-Di fronte a tutto questo, il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha detto che si è trattato sì di un atto squadristico, ma di ignorarne la matrice, nonostante fossero già stati arrestati i due massimi esponenti di Forza Nuova…

C’è questo negarsi da parte di Fratelli d’Italia. Negarsi, di fronte all’esigenza di fare i conti con il fascismo storico. E’ normale allora che ci si trovi in difficoltà di fronte alle nuove forme di fascismo emergenti.

-Perché Fdi non ha fatto i conti con il fascismo storico?

Io credo per ragioni elettorali e/o per la costruzione di gruppi dirigenti che, essendo in qualche modo fragili, abbracciano il credo del “pas d’ennemi à droite”, niente nemici a destra, con la conseguenza che si diventa non dico fiancheggiatori, ma fiancheggiati dall’estremismo neofascista.

-Al di là del fiancheggiati o fiancheggiatori, non le sembra che rispetto all’ultimo Fini, quello che bollava il fascismo come una parte del male assoluto, con Giorgia Meloni ci sia stato un passo indietro?

Le ricordo che, mentre si discute se sciogliere o meno Forza Nuova, è ben salda al suo posto, in rappresentanza di Fdi, l’assessora all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, che ha celebrato l’ultimo 25 Aprile al cospetto delle tombe di militi nazisti, dopo aver in precedenza cantato “Faccetta nera” ai microfoni di una radio privata… E’ quello che dicevamo prima. Il processo, che era stato avviato da molte componenti e che Gianfranco Fini aveva riassunto nella formula, che equiparava il fascismo a una parte del male assoluto, non si è radicato. Quella formula non si è radicata in Fratelli d’Italia. Siamo tornati a prima di quella formula. A prima del “fascismo, una parte del male assoluto”.

-Come se ne esce?

Io credo che questa questione deve portare a una riflessione più generale. Non voglio confondere il diavolo con l’acqua santa. Se nelle ultime elezioni metà della popolazione non è andata a votare, lì c’è un vulnus, una crisi della democrazia, da cui bisogna ricominciare. Per combattere questi mali estremi, si deve cominciare dalla malattia della democrazia e della politica.

-Non le sembra, invece, che le forze politiche, anche le più teoricamente democratiche, non esitino a confrontarsi, e a contarsi, all’interno di quella metà che ancora vota?

Si vince e si perde dentro quel cinquanta per cento. E chi non vota, peggio per lui… Secondo me, siamo dentro a una mutazione storica che è intervenuta nelle sinistre italiane, quelle delle istituzioni e non ovviamente della società civile. Una mutazione, che le ha portate a diventare formazioni governative più che connotate sulle discriminanti destra-sinistra. Secondo me, il primato del governo sulla politica è una delle ragioni profonde della crisi della democrazia italiana.

di Antonello Sette (SprayNews.it)

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