Artena. Testimone, i Bianchi erano “despoti”. Vivevano di spaccio, botte a chi non pagava

AgenPress –  “I Bianchi ad Artena sono conosciuti per essere dei despoti nei confronti dei loro coetanei e sono temuti nel paese per il loro stravagante stile di vita fatto di violenze e smodatezze e spesso si fanno valere per essere abili conoscitori di arti marziali tipo Mma”. E’ quanto afferma un testimone citato dal gip di Velletri nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di sei persone ,tra cui i fratelli accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, per spaccio di sostanze stupefacenti. A parlare è il padre di una ragazzo vittima di una aggressione dei Bianchi per non avere “onorato” un debito di 20 euro per l’acquisto di droga.

Avrebbero svolto una vera e propria opera di coordinamento dell’attività di spaccio, impartendo precise indicazioni ai vari complici, i fratelli Bianchi, in carcere per l’omicidio di Willy Monteiro, e tra i sei arrestati di un’operazione antidroga dei carabinieri ai Castelli romani. E’ quanto avrebbero accertato gli investigatori. Dalle indagini sarebbe emerso inoltre che tutti gli acquirenti sapevano che bisognava pagare nei tempi e nei modi stabiliti e tutti erano consapevoli che, in caso contrario, potevano subire una vera e propria “spedizione punitiva”. Alcuni degli appartenenti al gruppo erano esperti di arti marziali e avevano partecipato anche a competizioni nazionali.

Spacciatori e acquirenti ricorrevano ad un linguaggio criptico concordato, in cui lo stupefacente veniva chiamato in vari modi (caffè, magliette, aperitivo, chiavi, cd di Gomorra). Le consegne venivano eseguite con metodo “itinerante”, concordando cioè di volta in volta, luoghi, orari e modalità sempre differenti. Il circuito era ben collaudato, a tal punto che, nonostante il “lockdown”, le consegne avvenivano ugualmente, sfruttando le poche occasioni in cui erano consentiti gli spostamenti sul territorio. Il giro di affari assicurato dall’attività illecita secondo gli inquirenti era importante: gli arrestati, utilizzavano auto di grosse cilindrata, abiti griffati e orologi di valore, documentando ogni serata trascorsa nelle più note piazze della “movida” della zona dei Castelli Romani” con foto e video pubblicati sui social.

“Dagli accertamenti estesi al nucleo familiare degli indagati è emerso con riferimento in particolare agli indagati Marco e Gabriele Bianchi che non svolgono attività lavorativa stabile e non dispongono di redditi leciti, non hanno praticamente mai presentato dichiarazioni dei redditi”,  afferma il gip di Velletri, Ilaria Tarantino. “Dall’analisi dei conti correnti intestati – aggiunge il gip – quasi tutti con saldo pari a zero, sono state rilevate pochissime operazioni, per importi irrilevanti e risalenti nel tempo. Tale circostanza induce a ritenere che gli indagati traggano i loro mezzi di sussistenza unicamente da attività illecite e in particolare dallo spaccio di sostanze stupefacenti, attività, questa, che presuppone la disponibilità di denaro contante e non tracciabile”. Per il gip “il pericolo di reiterazione del reato si desume sia dalle specifiche modalità e circostanze dei fatti che dalla personalità degli indagati, che sono apparsi pienamente disinvolti nella violazione della disciplina in materia di stupefacenti”.

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