AgenPress. Nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Virtual work”, scaturita a seguito di indagini delegate dalla locale Procura della Repubblica e finalizzata al contrasto dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche e dell’illecita permanenza di cittadini stranieri sul territorio nazionale, i militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Fermo hanno deferito all’Autorità Giudiziaria, tra gli altri, 3 soggetti di nazionalità cinese, riconducibili a due ditte individuali operanti nell’ambito del distretto calzaturiero, per aver stipulato contratti di lavoro totalmente fittizi nei confronti di cittadini cinesi, ai fini dell’ottenimento illegale del rinnovo del permesso di soggiorno.
Gli accertamenti condotti dalle fiamme gialle fermane, anche sulla scorta di una pregressa attività svolta dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ascoli Piceno, unitamente all’I.N.P.S. di Fermo, hanno permesso di disvelare un sistema fraudolento, messo a punto dalle due ditte in parola, per poter ottenere illecitamente il rinnovo dei permessi di soggiorno a favore di alcuni soggetti, non residenti da tempo nella provincia fermana e/o che non lo sono mai stati e, comunque, in gran parte attualmente irreperibili.
In sede di accesso aziendale, era stata constatata la contemporanea operatività delle due ditte individuali all’interno di un unico stabile, nonché la presenza di 10 lavoratori, a fronte di un numero di gran lunga maggiore di dipendenti formalmente assunti e dichiarati da entrambe le aziende.
Tale numero, già in sede di accertamenti preliminari, era apparso spropositato rispetto alle realtà aziendali ed al volume d’affari dichiarato dalle stesse. Le indagini svolte dalla Guardia di Finanza hanno appurato che i titolari delle imprese, attraverso fittizie assunzioni, hanno permesso a 28 connazionali di ottenere illecitamente, dalle Questure di Fermo e di Macerata, il rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per permanere nel territorio italiano, mediante presentazione di falsa documentazione attestante il proprio rapporto di lavoro subordinato, ma senza aver mai realmente prestato servizio presso le due aziende.
Inoltre, due dei dieci lavoratori riscontrati, sono risultati del tutto privi di documenti identificativi, mai censiti dall’ufficio immigrazione e pertanto sprovvisti di valido titolo per il soggiorno e la permanenza sul territorio dello Stato.
I finanzieri, dopo aver sentito in atti i lavoratori rinvenuti in sede di accesso, aver esaminato la documentazione acquisita presso diverse Questure italiane e consultato le informazioni estrapolate dalle banche dati in uso al Corpo, hanno segnalato all’Autorità Giudiziaria, complessivamente, 33 soggetti di etnia cinese. In particolare, oltre a coloro che hanno indebitamente ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria i due titolari di diritto delle suddette ditte e l’amministratore di fatto delle stesse che, in concorso tra loro, si sono resi a vario titolo responsabili dei reati previsti e puniti dagli artt. 5, comma 8-bis e 22, comma 12, del decreto legislativo 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione).
A seguito di un’ulteriore, approfondita analisi documentale, gli operanti hanno appurato, altresì, che una delle due aziende in questione aveva presentato, per diversi dipendenti, richieste di contributi C.I.G. (Cassa Integrazione Guadagni) correlati agli aiuti pubblici elargiti dall’I.N.P.S. per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Tra i lavoratori che ne hanno beneficiato illegittimamente, ne sono stati individuati quattro per i quali è stato disconosciuto il rapporto di lavoro, poiché fittizio. I quattro responsabili, di cui due segnalati anche per aver ottenuto illecitamente il rinnovo del permesso di soggiorno, unitamente ai due titolari delle ditte e all’amministratore di fatto delle medesime, sono stati pertanto denunciati anche per truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis del codice penale), per aver ottenuto illecitamente le predette erogazioni pubbliche, arrecando un danno economico allo Stato.