AgenPress – Restano in carcere anche i tre maggiorenni che erano stati fermati dai Carabinieri su disposizione della Procura per la violenza sessuale di gruppo su una 13enne catanese. E’ la decisione del gip del Tribunale di Catania che ha anche confermato gli arresti domiciliari per il quarto indagato, ma con l’obbligo dell’uso del ‘braccialetto’ elettronico. Il provvedimento accoglie la richiesta del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e della sostituta Anna Trinchillo. Sono così sei le persone in carcere per la violenza sessuale del 30 gennaio scorso: ieri il gip per i minorenni ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per tre.
Emergono intanto nuovi dettagli. Secondo quanto raccontato dalla ragazzina e dal fidanzato, che è stato costretto ad assistere alle violenze, il gruppo aveva ripreso di nascosto i due e non si esclude possano esistere altri video della violenza.
Ha raccontato che il branco ha mostrato a lei e al fidanzato 17enne unvideo che li ritraeva di nascosto mentre passavano per i giardini della villa.
Il gruppo, composto da sette giovani di cui due sono stati identificati dalla vittima, ha mostrato ai giovanissimi le riprese fatte di nascosto, come a sottolineare di averli prima spiati e poi puntati per la violenza consumatasi poi nei bagni della villa comunale.
A quel punto, sottolineano i giovani nel racconto fornito alle forze dell’ordine, il gruppo li avrebbe accerchiati. Inutile ogni tentativo di fuga, con la 13enne e il fidanzato che hanno tentato invano di scappare.
Per tentare di dissuadere i sette, i fidanzatini avrebbero anche offerto agli aggressori tutto quello che avevano con loro, tra cui anche un powerbank per la ricarica dei cellulari. Ma il branco non ha ceduto, proseguendo la violenza.
Per non far fuggire la 13enne e l’altro giovane, il gruppo si era messo a barriera per schermare ogni tentativo di fuga.
La 13enne sarebbe quindi stata trascinata nel bagno dal giovane che le aveva mostrato il video, con tanto di calci, spintoni e minacce di morte al 17enne che era con lei.
Dagli atti delle due inchieste delle Procure emerge una ricostruzione drammatica dei fatti. La coppia è stata prima accerchiata dal gruppo. Poi uno dei ragazzi ha spinto la 13enne in uno dei bagni dove è avvenuta la violenza. Lei ha cercato, senza riuscirci, di opporsi. “Tremavo come una bambina”, ha detto ai pm. Ha provato a difendersi ma è riuscita solo a dire “basta, per favore, non lo fare”.
La scena si è ripetuta con il secondo violentatore, mentre un terzo indagato si “affacciava” da un muretto divisorio. Alla procura quest’ultimo ha raccontato di essere intervenuto perché aveva sentito urlare e di aver detto all’aggressore di fermarsi. Ma la ragazza lo ha smentito dicendo che “nessuno ha detto ‘lasciatela stare’ o ha cercato di interrompere la violenza”. Intanto, il fidanzato era stato bloccato fuori dai bagni, picchiato e minacciato: uno del branco gli aveva urlato “io sono pazzo, posso ammazzarti”.
Poi i sette sono fuggiti e i due fidanzati sono corsi in strada, dove hanno incrociato alcuni passanti che hanno chiamato i carabinieri. Tre membri del branco sono stati bloccati da militari dell’Arma, mentre gli altri sono fuggiti. Sono quindi iniziate le indagini e le dichiarazioni della vittima, sotto shock ma determinata a “volere giustizia” e del fidanzato hanno consentito di avere un primo riscontro, poi confermato dal confronto all’americana.