AgenPress – Nonostante il rallentamento dell’economia registrato in questi ultimi sei mesi a seguito di una congiuntura internazionale molto difficile, il nostro Paese ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica, dal caro energia e dalla crescita esponenziale registrata dai tassi di interesse in questo ultimo anno e mezzo. In altre parole, tra il 2019 (anno pre-Covid) e il 2023, l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3 per cento, contro il +2,3 della Spagna, il +1,8 della Francia e il +0,7 della Germania.
Il turismo, la manifattura, i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export hanno sostenuto questa ripresa che, come dicevamo, è stata la più “brillante” tra i principali Paesi dell’Eurozona. Un trend positivo che nello scorso mese di ottobre ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,8 per cento. Grazie a ciò, in Italia contiamo quasi 23,7 milioni di addetti, un record mai raggiunto in precedenza.
A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Certo, i problemi non mancano e le difficoltà che da decenni assillano il nostro Paese sono sempre all’ordine del giorno. Povertà, disoccupazione femminile, lavoro nero, tasse, burocrazia, evasione, inefficienza della Pubblica Amministrazione e debito pubblico sono i principali punti di debolezza che frenano da almeno 20 anni la crescita del nostro Paese. Malgrado ciò, possiamo affermare con orgoglio che da qualche anno non siamo più l’ultima ruota del carro europeo.
Nonostante le chiusure delle attività, i divieti alla mobilità e la contrazione dei consumi provocata dal Covid nel biennio 2020-2021; l’aumento dei costi delle bollette di luce e gas esploso nell’estate del 2022 e l’impennata dei tassi di interesse determinato dalla Banca
Centrale Europea per raffreddare il tasso di inflazione che in Italia nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha sfiorato il 12 per cento; le misure economiche/sociali messe in campo dagli ultimi esecutivi per mitigare queste difficoltà hanno sortito l’effetto sperato. Ovvero, hanno evitato una crisi sociale e garantito una ripresa dell’economia che nessuno prevedeva. O quasi.
Tra i 20 paesi dell’Area dell’euro, quelli demograficamente più piccoli hanno registrato le crescite più elevate. Rispetto al periodo pre-Covid, infatti, l’Irlanda è cresciuta del 33,1 per cento, Malta del 14,4, Cipro del 14,2, la Croazia del 13,4, la Lituania dell’8,3 e la Slovenia del 7,7. Per contro, i paesi più importanti hanno registrato delle variazioni nettamente inferiori. Se, come dicevamo più sopra, l’Italia ha fatto segnare un +3 per cento, la Spagna un +2,3, la Francia un +1,8 e la Germania un modestissimo +0,7. La media europea è stata del +3,5 per cento. Nel 2023 la previsione di crescita del nostro Paese dovrebbe
essere del +0,7 per cento, un dato nettamente inferiore al +2,4 stimato alla Spagna e leggermente più contenuto rispetto al +1 in capo alla Francia. La Germania, invece, con una variazione del -0,3 per cento rispetto al 2022 rimane in recessione.