AgenPress – Il taglio del cuneo prorogato anche per il 2024 dal governo Meloni non avrà effetti sulle tredicesime, con la riduzione dei contributi previdenziali a carico del lavoratore che rimane di 7 punti per chi ha una retribuzione imponibile sotto i 25mila euro annui, pari a 1.923 mensili.
È quanto evidenziato nell’ultima bozza della Manovra del 2024, nella quale è spiegato che “l’esonero parziale dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti non influenzerà il rateo di tredicesima”.
Riduzione di 6 punti invece per le retribuzioni imponibili fino a 35mila euro lordi, cioè 2.692 euro, sempre al netto della tredicesima. Esonero che però non ha effetti “sul rateo di tredicesima, sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore”.
La Manovra prevede un sostegno per le buste paga dei lavoratori con reddito inferiore a 35mila euro, con un intervento dello Stato stimato in circa 10 miliardi di euro per tutti i 13,8 milioni di dipendenti in Italia. Nonostante questo, va ricordato che gli effetti immediati per i dipendenti saranno invisibili: lo stipendio sarà uguale a quello attuale, dato che la riduzione del cuneo è già attiva. Se la misura non fosse stata rinnovata, le buste paga sarebbero scese fino a 100 euro al mese.
Ma, come si può leggere nella bozza della legge di bilancio, “tenuto conto dell’eccezionalità della misura, resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche”.
Il governo ha stabilito che il taglio di 6 o 7 punti non si applicherà alla tredicesima. Questa non solo non avrà alcun aumento, ma sarà anche più bassa rispetto a quest’anno. Nella scorsa legge di bilancio, infatti, il governo Meloni aveva fissato un primo taglio del cuneo (partendo da misure già adottate dal governo Draghi): il taglio era diventato di 3 punti fino a 25mila euro di reddito e di 2 punti fino a 35mila euro. Questa riduzione valeva anche per la tredicesima.
La misura, sulla quale il Governo sta lavorando dall’estate e che era stata accantonata per ragioni di ordine finanziario, vale quindi al massimo un centinaio di euro in più al mese in corrispondenza dei 35mila euro lordi, cifra che cala a una sessantina di euro per chi ha una retribuzione lorda di 15mila euro.