AgenPress – È probabile che la Cina preferisca un metodo non violento per prendere il controllo di Taiwan piuttosto che una guerra potenzialmente rischiosa. Lo ha scritto lo specialista veterano di politica estera Robert Manning in un articolo per lo Stimson Center.
L’ex stratega del Dipartimento di Stato ed ex direttore degli studi asiatici al Consiglio per le relazioni estere ha contestato l’idea secondo cui Pechino vedeva nell’assalto e nel conflitto con gli Stati Uniti la via più rapida per risolvere la questione a suo favore. Recenti esercitazioni di guerra hanno dimostrato che un simile confronto comporta rischi immensi, inclusa la destabilizzazione del governo del Partito Comunista Cinese (PCC) nel caso non riuscisse a conquistare Taiwan.
L’ opinione diffusa a Washington è che la Cina si stia preparando per una guerra imminente con gli Stati Uniti nel tentativo di riunificarsi con la forza a Taiwan. Il presidente cinese Xi Jinping ha dato istruzioni all’Esercito popolare di liberazione (PLA) di prepararsi alla guerra entro il 2027, anche se il direttore della CIA William Burns ha affermato che tale pianificazione militare non significa che la Cina lancerà una guerra entro quella data. Burns ha aggiunto che la Cina potrebbe nutrire dubbi sulla propria capacità di eseguire il più grande assalto anfibio dal D-Day nella Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, nell’ultimo anno, diversi alti funzionari militari statunitensi hanno valutato che la Cina invaderà Taiwan tra il 2025 e il 2027 .
Secondo i discorsi di Xi e i documenti del Partito Comunista Cinese (PCC) , Pechino ritiene necessaria l’unificazione con Taiwan per realizzare il “sogno cinese” di Xi: il “grande ringiovanimento della nazione cinese”. Il PCC mira a raggiungere questo obiettivo entro il 2049, centenario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Pertanto, il PCC vede Taiwan come una questione esistenziale, proprio come il presidente russo Vladimir Putin vede l’Ucraina: se Pechino lanciasse una guerra contro Taiwan, non potrebbe permettersi di perdere.
Pechino potrebbe preferire metodi come l’hacking nelle infrastrutture critiche di Taiwan, comprese le comunicazioni elettroniche e l’approvvigionamento idrico, e la minaccia dei 300.000 taiwanesi che vivono e lavorano in Cina, ha affermato Manning. Le misure si aggiungerebbero agli attuali sforzi di Pechino, tra cui l’invio di aerei nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan (ADIZ), attacchi informatici, improvvisi divieti di importazione di prodotti agricoli di Taiwan e tentativi di ridurre ulteriormente gli alleati diplomatici di Taipei.
La strategia costringerebbe Washington a intensificare le sanzioni per cercare di fermare le azioni della Cina. Tuttavia, se gli sforzi degli Stati Uniti fallissero, sarebbero “messi nella posizione di sparare i primi colpi e di intensificare il conflitto”, secondo Manning. Una richiesta degli Stati Uniti rivolta ai suoi alleati e ad altre nazioni asiatiche di tagliare i legami commerciali con la Cina potrebbe non ottenere risultati, rendendo di fatto superfluo il blocco di Taiwan.