AgenPress – “Siamo grati a papa Francesco per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità. La sua voce si fa carico dell’ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace. La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti. Nel recente viaggio in Ungheria, si è interrogato: ‘Dove sono gli sforzi creativi di pace?’. Lasciamoci inquietare da questa domanda, perché non rimanga solo la logica spietata del conflitto”.
Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, affrontando il tema della pace in Ucraina, a partire dall’impegno di Papa Francesco per questo “popolo martoriato. Gli siamo grati per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità”.
“Per noi la pace non è solo un auspicio, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti”.
“Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace – ha sottolineato il presidente della Cei -. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest”.
“Lo siamo – mi sembra – per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo – ha proseguito, nella sua introduzione ai lavori dell’assemblea generale dei vescovi -. Come cristiani italiani, con il Papa, siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina e perché ‘si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace’ (Pacem in terris, 91)”.
“La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace”, ha osservato. “I conflitti si moltiplicano. Penso al Sudan e al suo dramma umanitario. In un mondo come il nostro non possiamo prescindere da una visione globale. Seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità. Del resto la cultura della pace è un capitolo decisivo della cultura della vita, che trae ispirazione dalla fede”.