Agenpress – Vogliamo evitare equivoci. Abbiamo stima per il neoministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e abbiamo apprezzato il lavoro competente che ha saputo svolgere nel Parlamento europeo.
Fa parte di quella squadra di italiani – fuori classifica in testa c’è Mario Draghi, bandiera riconosciuta dell’Europa nel mondo – che si è guadagnata con la serietà del fare la considerazione e il rispetto perfino dei Falchi del Nord. Noi di Gualtieri pensiamo questo e siamo consapevoli che da qualche giorno è alle prese con un mestiere nuovo e, in un Paese diseguale e indebitato come il nostro, di certo se non il più complicato in assoluto almeno uno dei più difficili.
Bene, non vogliamo dargli consigli se non che la regola del silenzio per un ministro dell’economia è d’oro perché si corre il rischio, come è avvenuto con l’Iva, di essere smentiti nel giro di qualche ora. Vogliamo piuttosto esprimere un dissenso motivato su un anche di troppo nella premessa a sua firma (la pubblichiamo integralmente) della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019. La frase è: “Gli investimenti pubblici verranno destinati anche alla riduzione del divario tra il Sud e il Nord del Paese, che è questione centrale della strategia di politica economica del Governo (… )”.
Signor ministro, non esistono soluzioni semplici a problemi complicati. Quello che è accaduto nell’ultimo decennio lascia sgomenti. Si è destinato alle regioni meridionali lo 0,15% del Pil per la spesa in infrastrutture di sviluppo e, con il trucco della spesa storica, si sono sottratti ogni anno 60 e passa miliardi alle popolazioni meridionali per regalarli indebitamente alle Regioni ricche del Nord e alimentare flussi assistenziali che hanno nei baracconi regionali e nella proliferazione di enti collegati il loro crocevia. Non si può fare ripartire l’Italia con anche il Mezzogiorno. Per gli investimenti pubblici e privati italiani la priorità sono venti milioni di persone.
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