AgenPress. La conclusione della sesta campagna di scavi al Santuario Ritrovato del Bagno Grande a San Casciano dei Bagni (SI) ha permesso il rinvenimento del più grande deposito di statue in bronzo di età etrusca e romana mai scoperto nell’Italia antica e uno dei più significativi di tutto il Mediterraneo. Lo scavo è condotto dal Comune di San Casciano dei Bagni su concessione della Direzione Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province del Ministero della Cultura.
Si tratta di oltre venti statue (realizzate in parti anatomiche e al vero o secondo i canoni della cosiddetta mensura honorata, cioè alte tre piedi romani… l’equivalente di circa un metro) che raffigurano le divinità venerate nel luogo sacro assieme agli antichi dedicanti. L’eccezionale stato di conservazione all’interno dell’acqua calda della sorgente ha permesso anche di preservare meravigliose iscrizioni in etrusco e latino che furono incise sulle statue prima della loro realizzazione. La gran parte di questi capolavori dell’antichità si data tra il II e il I secolo a.C. Si tratta di un periodo storico di grandi trasformazioni nella Toscana antica, nel passaggio tra Etruschi e Romani. In quest’epoca di grandi conflitti tra Roma e le città etrusche, ma anche di lotte all’interno del tessuto sociale di Roma, nel santuario del Bagno Grande nobili famiglie etrusche e romane dedicarono assieme le statue all’acqua sacra. Un contesto multiculturale e plurilinguistico assolutamente unico, di pace, circondato da instabilità politica e guerra. Dalle iscrizioni sappiamo che i dedicanti giunsero da tutto il territorio di Chiusi e Perugia con molti nomi che ricorrono nel territorio di Siena. Si trattava dunque di un santuario di valenza interregionale.
Le statue dovevano essere posizionate sul bordo esterno della grande vasca sacra e ancorate sugli eleganti blocchi in travertino. A più riprese – sicuramente nel corso del I secolo d.C. – le statue furono staccate dal bordo della vasca e depositate sul fondo. Dunque, non si tratta di uno scarico di materiale sacro nell’acqua calda, ma piuttosto di una deposizione rituale, mediata con la divinità. Gli atti votivi proseguirono poi fino al IV secolo d.C. con la deposizione di quasi seimila monete (in argento, bronzo e oro). Solo agli inizi del V secolo d.C. il santuario venne smantellato e chiuso. Il grande tesoro sacro nella vasca fu coperto da grandi tegole e al di sopra vennero calate le colonne del portico sacro a suggellare la chiusura definitiva del luogo di culto.
Lo scavo è coordinato dal prof. Jacopo Tabolli dell’Università per Stranieri di Siena e diretto sul campo dal dott. Emanuele Mariotti per conto del Comune di San Casciano dei Bagni; la tutela è diretta dalla dr.ssa Ada Salvi della Soprintendenza di Siena Grosseto e Arezzo. La campagna di scavo è stata integralmente finanziata dal Comune di San Casciano dei Bagni e si avvale anche del contributo di società e fondazioni internazionali (Ergon, Heureka Ambiente, Vaseppi Trust, Fondazione Friends of Florence, Max Ulfane). La conservazione e il restauro sono condotte dalla dott.ssa Wilma Basilissi dell’Istituto Centrale del Restauro in collaborazione con la dott.ssa Pozzi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo. Il Nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Firenze ha inoltre coadiuvato la direzione scientifica dello scavo nelle operazioni di sicurezza del cantiere di scavo e dei reperti. La ditta Ecol-B è intervenuta nelle fasi più complesse dello scavo e per la messa in sicurezza del cantiere, garantendo un apporto fondamentale per i primi restauri conservativi alle strutture emerse dal fango.
Più di sessanta studenti e studentesse provenienti da undici università nazionali e internazionali hanno partecipato alle 16 settimane di scavo. La loro presenza non solo ha costituito un’occasione eccezionale di confronto tra tradizioni diverse di scavo archeologico, ma anche rivitalizzato il borgo medievale di San Casciano dei Bagni in una prospettiva plurilinguistica e multiculturale che è lo specchio della vita attorno all’antico santuario e alle sue statue.
50 anni dopo la scoperta nel 1972 dei celebri “bronzi di Riace” si riscrive a San Casciano dei Bagni la storia dell’antica toreutica (statuaria in bronzo) di età etrusca e romana.
Le dichiarazioni dei protagonisti
La Sindaca Agnese Carletti ha dichiarato: “Il sogno di ritrovare le antiche terme lega l’attività politico-amministrativa degli ultimi quindici anni e questa nuova grande scoperta ripaga in tutto e per tutto la nostra perseveranza. Ma soprattutto offre a San Casciano un’opportunità che non è solo culturale e turistica, ma è una vera e propria occasione di rinascita. Il museo che nascerà e che ospiterà le eccezionali statue, insieme al futuro parco archeologico che vogliamo realizzare, potranno essere per noi un vero e proprio motore di sviluppo che andrà ad aggiungersi alla già entusiasmante presenza dei giovani archeologi provenienti da tutto il mondo che ripopolano il paese ormai per molti mesi all’anno. Sono certa che i nostri piccoli borghi per essere “salvati”, al di là della discutibile retorica che si fa ormai su questo tema, abbiano bisogno di progettualità serie e strutturali come questa: progetti che hanno la forza di rendere le comunità più consapevoli della propria storia, che le rendono partecipi e che, consegnando loro un valore aggiunto inestimabile da studiare e far conoscere, creano contaminazione culturale e un indotto economico. E soprattutto progettualità sulle quali Istituzioni diverse convergono e investono. San Casciano sarà in grado di affrontare questa sfida al meglio e intanto siamo orgogliosi di poter far conoscere al mondo un pezzo di storia fino ad oggi sconosciuta”
Il prof. Jacopo Tabolli, etruscologo dell’Università per Stranieri di Siena e direttore del progetto scientifico ha dichiarato: “Con la conclusione di questa campagna di scavi L’Università per Stranieri di Siena conferma la vocazione per lo studio del multiculturalismo e plurilinguismo nell’antichità. Il santuario con le sue statue appare un laboratorio della diversità culturale, testimonianza unica della mobilità antica etrusca e romana. Rispetto alle note scoperte di antiche statue in leghe di bronzo – pensiamo ad esempio al celebre Arringatore scoperto a Perugia ed esposto al Museo Archeologico Nazionale di Firenze – quanto riemerso dal fango a San Casciano dei Bagni è un’occasione unica di riscrivere la storia dell’arte antica e con essa la storia del passaggio tra Etruschi e Romani in Toscana. La circostanza che delle statue non conosciamo solo la generica provenienza, ma tutto il contesto ci permette di comprendere il valore rituale delle offerte, ma anche l’interazione con il resto del deposito. La geochimica dell’acqua che ha conservato in modo così eccezionale i capolavori toreutici è essa stessa oggetto della nostra ricerca, perché è proprio la centralità dell’acqua ad aver condizionato l’antica scelta di questo luogo sacro. La sorgente di cui ora conosciamo anche il nome in etrusco grazie alle iscrizioni è la vera protagonista del rito e del culto. Il team di oltre sessanta studiosi e studiose che ho il piacere di coordinare lavorerà nei prossimi mesi per comprendere la natura dell’antico luogo sacro, i tempi e lo spazio della formazione del deposito, e investigheremo tutti i processi produttivi dei capolavori toreutici a partire dalle materie prime impiegate dai maestri dell’antichità che plasmarono le statue”.
Il Soprintendente Gabriele Nannetti, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo ha dichiarato: “ Le scoperte di Bagno Grande costituiscono un’eccellenza straordinaria nel pur ricchissimo patrimonio archeologico sul quale la Soprintendenza è chiamata ad esercitare le funzioni di tutela, confermando ancora una volta che il settore dell’archeologia può sorprenderci in ogni momento con nuove e straordinarie scoperte e possibilità di ricerca. A Bagno Grande il tema della tutela è di preminente interesse pubblico, sia per la prosecuzione dello scavo sia per la conduzione del restauro delle strutture e dei materiali mobili, e racchiude una serie di interrogativi storici, tecnici e scientifici cui l’ottima equipe formatasi attorno al progetto potrà dare le adeguate risposte. La Soprintendenza, nell’ambito delle proprie competenze, sta investendo energie e risorse non solo per assicurare la tutela ma anche per favorire la prosecuzione e il completamento delle ricerche, indispensabile premessa per la futura valorizzazione del sito e degli eccezionali reperti emersi dal fango”.
La dott.ssa Ada Salvi, funzionaria archeologa della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo ha dichiarato: “ Le scoperte di Bagno Grande rappresentano una sorprendente novità sotto molteplici aspetti e proprio la pluralità delle informazioni che ci stanno giungendo dallo scavo e dallo studio dei reperti ha dato impulso a un modello di collaborazione tra Direzione Scientifica dello scavo, Concessionario e Soprintendenza, che vede ciascun attore coinvolto per le proprie competenze ed esperienze, e che costituisce per tutti noi un inestimabile momento di arricchimento professionale, culturale e umano, oltre che un importante rafforzamento all’azione di tutela del sito. L’eccezionalità dei grandi reperti bronzei e delle loro condizioni di giacitura ha reso necessario attivare operazioni di restauro straordinario, portate avanti in collaborazione con L’Istituto Centrale per il Restauro di Roma, mentre è stato finanziato il restauro delle prime 2500 monete e dei bronzetti rinvenuti nella campagna del 2021 che sarà seguito a breve da quello dei reperti messi in luce nella campagna appena conclusasi. Proprio nell’ottica di collaborazione e scambio con altri Istituti la Soprintendenza ha formalizzato inoltre un accordo con una équipe di numismatici diretta dal prof. Giacomo Pardini dell’Università di Salerno, inserita nel più ampio progetto “Coin Finds Hub” del Ministero della Cultura per lo studio dei reperti monetali. Per il futuro si aprono nuove sfide che dovranno tener conto non solo della grande vasca sacra, ma anche delle strutture di epoche più recenti che si sono stratificate attorno alla sorgente termale di Bagno Grande, che ne raccontano la storia fino al periodo rinascimentale e moderno e per le quali si dovranno trovare nuove risorse e adeguate soluzioni tecniche, attraverso la progettazione di un grande intervento complessivo che permetta la prosecuzione dello scavo e al tempo stesso la tutela, la conoscenza e la valorizzazione del sito”.
Il direttore di scavo Emanuele Mariotti ha dichiarato: “La campagna di scavo che ho avuto l’onore e il piacere di dirigere sul campo per 14 settimane tra giugno e ottobre, ha ottenuto risultati stupefacenti e in parte inaspettati. Sebbene già lo scavo del 2021 avesse messo in luce una parte significativa della grande vasca sacra, del suo deposito votivo e delle architetture che la contornavano, i ritrovamenti e la monumentalità esibita del sito hanno superato le nostre aspettative. Bisogna notare come l’eccezionalità del contesto non derivi solo dalle stratigrafie fangose ma intatte all’interno della vasca, così ricche di tesori d’arte e numismatici, ma anche dall’architettura con cui fu concepito, in epoca primo-imperiale, il cuore del santuario, destinato a raccogliere le potenti acque calde della sorgente, oggi del Bagno Grande. La complessità dell’edificio si esprime nel monumentale portico che circondava la vasca (almeno sei grande colonne di ordine tuscanico), nel suo svilupparsi verso la sorgente su livelli diversi, e nel possente arco centrale, in grandi blocchi di travertino come il resto della struttura, destinato a rafforzare i lati della vasca e a sorreggere un piano superiore del monumento. Non solo. Lo scavo, articolato in vari settori all’interno e all’esterno dell’edificio sacro, ha restituito informazioni sulla sua storia e sulla storia della sorgente dal periodo tardo etrusco fino al V secolo d.C. Tutto questo è stato raggiunto attraverso un grande sforzo di gestione dell’acqua, onnipresente e costante protagonista del sito, con ancora il suo flusso continuo all’interno della vasca etrusco-romana. Una vera sfida alla capacità degli archeologi di lavorare in condizioni estreme. Il lavoro ha visto la presenza di oltre 40 tra studentesse e studenti, provenienti dall’Italia, da vari paesi europei e dagli Stati Uniti, oltre a specializzandi e dottorandi. A loro soprattutto si deve l’eccezionale esito di questa campagna”.