AgenPress. In questo periodo si ritorna a parlare della questione cattolica. Noti studiosi affrontano con attenzione temi, nel passato, centrali oggi trascurati. Le analisi storicamente puntuali sul ruolo dei cattolici nella conquista, nella difesa della democrazia e della libertà’, spesso non riescono a sottrarsi dagli schemi ristrettì dell’oggi, dove il fluttuare scomposto dell’agire ha preso il sopravvento sulla politica .
Non più disegni, progetti a confronto, non la ricerca della sintesi fra varie opzioni, non orizzonti ideali verso cui tendere, ma solo frammenti di idee incompiute dove la cultura scompare in una corsa verso obiettivi limitati. Si parla, dunque, della questione cattolica come un tema che sa di stantio. Un affresco scolorito a fronte di una presunta modernità.
I grandi movimenti del pensiero vengono risucchiati nella triangolazione: dominio, pragmatismo e soddisfacimento di interessi circoscritti. Si dice che la Chiesa dopo il Concilio Vaticano ll non ha inteso sostenere più i partiti dei cattolici. Ma il Partito popolare di Sturzo e la Democrazia Cristiana non furono partiti confessionali.
I rapporti difficili di Sturzo e De Gasperi con la gerarchia definirono la linea di demarcazione tra la laicità dello Stato e la missione della Chiesa Universale. Rimanevano presenti nell’impegno dei cattolici in politica i valori della dottrina sociale della Chiesa, la centralità dell’Uomo, la fede come alimento di fervore per servire.
Sarebbe utile che nel dibattito la unità dei cattolici in politica non fosse trattata sbrigativamente come storia tramontata, ma considerare che il suo venir meno ha dissipato vasti patrimoni di politica. Come sopravvive la politica se non trova sorgenti di cultura dove gli ideali non si confondano con l’arrivismo, che genera l’individualismo e l’egoismo?
Se non si compone la storia dei cristiani democratici, oggi dispersi in tanti rivoli, chi costruisce la città dell’uomo? Senza fede, senza spiritualità una comunità non si proietta nel futuro, ma vive le angustie del presente.
I democratici cristiani guidarono la ricostruzione. Il Paese ritrovò l’anima. Oggi i cristiani democratici non debbono avere la presunzione di “comandare”, ma hanno il dovere di esserci, perché l’area centrale non sia il progetto per alcuni ma per l’Uomo. Questa fu la sfida di molti di noi nel 1995, quando si consumò la scissione del Ppi.
Se ne andarono a sinistra in molti a confondersi nelle formazioni post comuniste. Noi rimanemmo a testimoniare orgogliosi di conservare la fede e la dignità. Quando vediamo oggi il PD composto da post comunisti e post democristiani vivere nel languore, cogliamo il valore di quando scegliemmo di non discostarci dalle nostre radici.
Quando non c’è una comune storia a cui riferirsi (perché le storie alla base del PD sono contrapposte) c’è solo potere come collante. È il letargo della politica da cui si esce con la forza del pensiero e dalla fede. Qualunque essa sia: bisogna credere in qualcosa altrimenti è il disastro!
Mario Tassone