AgenPress – Con la sua infuocata retorica su “Dio, patria e famiglia” Giorgia Meloni è senza dubbio una populista di destra, antiimmigrazione, conservatrice e un nazionalista euroscettica la cui vittoria “preannuncia guai per Bruxelles e problemi per molti aspiranti immigrati nell’Unione Europea” ma “per quanto reazionaria e nazionalista la sua ideologia possa essere, ha poco o nulla della glorificazione e della violenza marziale, per non parlare della violenza effettiva, che sono caratteristiche del fascismo”.
Lo scrive Timothy Garton Ash sul Financial Times in un’analisi intitolata “Per un revival del fascismo guardate a Mosca, non a Roma – “presentarla (Meloni) come una leader nazionale che discende direttamente da Mussolini è un ghirigoro giornalistico eccessivo”.
È vero che, da giovane, Meloni è diventata un’appassionata aderente di un partito neofascista e una volta è stata ripresa da una telecamera mentre descriveva Mussolini come “il miglior politico degli ultimi 50 anni”.
Ma presentarla oggi come leader nazionale in linea diretta con Mussolini è un’esagerazione giornalistica troppo lontana. Le congratulazioni sono arrivate immediatamente dal leader del rally nazionale francese Marine Le Pen e da spiriti affini in Ungheria, Polonia e Spagna.
L’elezione in Italia porta queste tendenze ulteriormente nel mainstream della politica europea. Oltre a ciò, c’è una ruga peculiare dell’Italia: un atteggiamento un po’ rilassato, persino indulgente nei confronti del fascismo di Mussolini, in particolare in alcune parti della destra italiana. Lo storico Paul Corner esplora questo fenomeno nel suo nuovo libro Mussolini nel mito e nella memoria. Mussolini ha fatto anche “cose positive”, ha detto Antonio Tajani, quando era presidente del Parlamento europeo nel 2019.
Silvio Berlusconi, il cui partito Forza Italia è uno dei partner della coalizione di Meloni, nel 2003 ha detto alla rivista Spectator che “Mussolini non ha ucciso nessuno”.
Due dei nipoti di Mussolini si sono candidati alle elezioni sotto la fiamma tricolore neofascista sullo stendardo dei Fratelli d’Italia. È semplicemente impossibile immaginare qualcosa di paragonabile nella politica tedesca contemporanea.
Eppure queste due cose insieme non si sommano a una seria accusa di fascismo, non nelle probabili politiche del nuovo governo, per non parlare del più ampio sistema politico italiano . In effetti, l’Italia dopo il 1945 ha avuto un’insolita combinazione di instabilità politica e continuità istituzionale. Ci sono forti controlli ed equilibri costituzionali.
La democrazia italiana oggi è minacciata meno seriamente di quella americana. L’ideologia reazionaria e nazionalista di Meloni può essere, ma ha poco o nulla della glorificazione della violenza marziale, per non parlare della violenza effettiva, che sono caratteristiche del fascismo.
Lo scrittore italiano Umberto Eco ha individuato il motto falangista spagnolo Viva la Muerte : Viva la morte! C’è, tuttavia, un serio contendente per questa etichetta: la Russia di Vladimir Putin. Vi si trovano così tante caratteristiche storiche del fascismo. Il culto organizzato dallo stato di un unico leader. La coltivazione di un profondo senso di risentimento storico. Indottrinamento dei giovani e demonizzazione del nemico.
La propaganda della grande bugia: nel caso di Putin, che gli ucraini sono fascisti. Un’ideologia di dominio di un Volk sugli altri: per Putin gli ucraini non esistono realmente, sono solo una variante dei russi. Un’estetica di machismo marziale e massacro eroico — ricorda l’elogio del presidente russo della brigata responsabile delle atrocità di Bucha. Soprattutto, la pratica della feroce repressione in patria e della violenza genocida all’estero. Per molti anni ho condiviso la riluttanza di altri studiosi e analisti a usare la parola fascismo al tempo presente. Fenomeno polimorfo anche nel suo periodo di massimo splendore negli anni ’30, il fascismo soffrì successivamente di un eccesso di definizione.
Gridare “fascista!” suggerì una pigra equazione con Adolf Hitler, la guerra totale e l’Olocausto. L’estrema sinistra ha ulteriormente svalutato il termine lanciandolo in giro per denunciare tutti, dai capi capitalisti agli insegnanti leggermente disciplinati. Il putinismo ha una dimensione post-sovietica che è nuova, mentre elementi storicamente caratteristici come la mobilitazione di massa attiva sono in gran parte assenti nella Russia di oggi. Ma nessun fenomeno storico si ripresenta esattamente nella stessa forma. Perdiamo qualcosa di importante nel comprendere l’intera varietà della politica contemporanea di destra se ci proibiamo di parlare di fascismo, come faremmo se rinunciassimo a qualsiasi accenno al comunismo quando discutiamo di politica di sinistra. Con tutte le dovute avvertenze, si può parlare di fascismo russo.
Sia Berlusconi che l’altro partner della coalizione di Meloni, Matteo Salvini della Lega, hanno parlato con ammirazione di Putin. Fortunatamente, la donna destinata a essere il prossimo primo ministro italiano ha espresso un fermo sostegno a una posizione occidentale unita contro l’aggressione russa in Ucraina. È una misura di quanto siamo lontani dall’ottimismo europeo inebriante dei primi anni 2000 che ora ci affidiamo a un leader post-neofascista democraticamente eletto per aiutarci a sconfiggere un dittatore fascista.