Agenpress – “Penso che Salvini debba decidere che copione recitare, se vuole fare lo statista che candida Draghi al Colle per accreditarsi agli occhi delle istituzioni internazionali, oppure se vuole fare il colonnello. Se anche avesse voluto dare un contributo alle forze dell’ordine non lo dai così. Questa è una mossa sbagliata alla lunga distanza, anche da un punto di vista elettorale”.
Così Gianluigi Paragone, senatore del Gruppo misto, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus.
Sul caso Gregoretti. “Salvini struttura ancora una volta il suo show, dice di mandarlo a processo e poi propone il digiuno per protestare contro il processo. Il M5S è passato dal caso Diciotti ha fatto di tutto per giustificare quella decisione, al caso Gregoretti in cui scappa da qualsiasi cosa. Quindi la gente capisce che quando sei alleato può valere tutto, che con gli amici le regole si possono anche interpretare. Se vogliamo uscire dal tema principale che è l’insicurezza economica con questi siparietti, la gente poi ti manda a quel Paese. Puoi vincere sul breve, ma poi non vai lontano”.
Su Bettino Craxi. “Noi pensiamo che Craxi interpretasse lo Stato. Craxi era un attore protagonista di quel tempo. La verità vera è che a qyeu tempi c’era lo Stato. Nel debito pubblico che abbiamo accumulato c’era sì qualche spreco, ma ha creato anche i presupposti per la crescita dell’economia italiana. Io vorrei tornare ad un patriottismo dei beni pubblici, che oggi vengono dati costantemente in concessione. In Italia abbiamo assistito un dibattito su Tolo Tolo e su Hammamet, come se esistessero solo quei due film. C’è un film straordinario di Ken Loach che fotografa esattamente la situazione di chi lavora per pagare i debiti. Un film straordinario, crudo, reale che fotografa l’asimmetria tra l’indebitamento delle persone e i lavoretti che vengono dati per ripagare quel debito. E’ l’inganno della modernità in cui ti dicono che sei un lavoratore autonomo e libero, poi sei controllato via satellite, devi lavorare 12 ore se no ti cacciano”.
Sul possibile passo indietro di Di Maio nel M5S. “E’ ancora mera tattica. Uno intelligente politicamente avrebbe dovuto dimettersi all’indomani del voto su Rousseau in cui l’attivismo chiede di candidarsi alle regionali, lì si doveva dimettere perché non era la sua scelta. Oggi si trova a dover fare quel passo indietro perché altrimenti arriverebbe agli Stati generali ancora più debole. Il voto delle suppletive in Senato è ancora più delicato per Di Maio perché è proprio in casa sua, in Campania”.
Testo liberamente riproducibile, con citazione della