Agenpress – Sulla base dei dati di Oxfam, che attinge al World Wealth Report del Credit Suisse, nella Penisola il 10% più ricco della popolazione possiede oltre 6 volte la ricchezza del 50% più povero. La quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani supera quanto detenuto dal 70% più povero.
Alla fine del primo semestre del 2019, a fronte di una ricchezza nazionale netta di 9.297 miliardi di euro, il 20% più ricco degli italiani ne deteneva quasi il 70% , il successivo 20% era titolare del 16,9%, lasciando al 60% più povero il 13,3%.
I primi 3 miliardari italiani della graduatoria Forbes hanno una ricchezza netta (37,8 miliardi di euro a fine giugno 2019), maggiore di quei 6 milioni di persone circa che costituiscono il 10% più povero della popolazione italiana. Nel 2017 (ultimo anno coperto dalle di Eurostat) il 20% dei percettori di redditi piu’ elevati deteneva il 40% del reddito complessivo.
Le distanze tra ricchi e poveri si sono ampliate: in 20 anni la quota di ricchezza detenuta dal top 10% è cresciuta del 7,6%, mentre la porzione della metà più povera degli italiani si è ridotta di quasi il 37%. Gli squilibri rispetto al 2000 sono aumentati, come registra l’indice di Gini (che misura le disparità) aumentato di 7 punti in 20 anni. In Italia, ma anche altrove, i ricchi sono soprattutto figli dei ricchi e i poveri figli dei poveri.
Le condizioni socio-economiche si ereditano di generazione in generazione. Un terzo dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al gradino più basso della scala socio-economica (quello in cui si colloca il 20% più povero della popolazione), mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco, mantiene una posizione apicale.
I giovani italiani, poi, devono fare i conti con un mercato profondamente disuguale, caratterizzato da grande precarietà. Oltre il 30% dei giovani occupati guadagna meno di 800 euro lordi al mese. Il 13% degli under-29 della Penisola versa in condizione di povertà lavorativa. Una situazione che unita allo scollamento tra la domanda e l’offerta di lavoro qualificato costringe da anni tanti giovani laureati ad abbandonare il Paese.