AgenPress – “Siamo nascosti e i talebani sono ovunque: abbiamo paura. Aiutatemi e aiutate la mia famiglia. Venite a salvarci e fatelo subito”. È un appello disperato quello che arriva dal cuore dell’Afghanistan.
E’ il drammatico appello di Loqman Niazai, 32enne afghano da sei anni residente a Cremona, da 15 giorni bloccato nel paese d’origine dove era tornato con l’obiettivo di portare in Italia la moglie, il figlio di due anni e la madre.
Con loro, adesso, si nasconde in un villaggio sopra Kabul: “Ma non posso rivelare dove – ha spiegato a un giornalista del quotidiano La Provincia di Cremona, che è riuscito ad aprire un canale di comunicazione con lui attraverso WhatsApp -. Non usciamo mai di casa, restiamo al buio e per fortuna abbiamo alcuni conoscenti che ci portano ogni tanto il cibo. Abbiamo cambiato nome e cerchiamo di non dare nell’occhio e di non fare rumore: è troppo pericoloso. Con noi c’è anche mia madre di 68 anni: non voglio lasciarla sola qui, devo metterla in salvo. Oggi hanno sparato al medico del villaggio perché stava consegnando medicine considerate occidentali”.
Come si legge ancora su La Provincia di Cremona Naizai dice di avere “tutti i documenti necessari, passaporti in regola, nulla osta. Manca solo il visto dell’ambasciata — racconta durante una delle poche telefonate via WhatsApp che si concede per non sprecare la batteria ma anche, e soprattutto, per non essere in qualche modo individuato dai talebani che controllano ogni via di comunicazione, anche la rete —. Il 17 agosto avevo un appuntamento per ottenere i documenti e partire, portando con me mia moglie e mio figlio, ma non ho fatto in tempo: l’ambasciata e gli uffici sono stati trasferiti in aeroporto e quest’ultimo è diventato impossibile da raggiungere per la presenza dei talebani. Come molti altri ero dietro la rete e cercavo di entrare, ma è stato inutile»”.
“Dall’aeroporto me ne sono dovuto andare perché rischiavo di essere bersaglio dei cecchini . Ci siamo rifugiati in un villaggio ma non posso dire dove”.
“Hanno sparato al medico del villaggio perché stava consegnando medicine considerate occidentali”. Intanto, con l’obiettivo di trovare una via di fuga che sia il più sicura e il più rapida possibile, l’Associazione Immigrati Cittadini di Cremona ha attivato un canale in Pakistan. “L’idea è quella di farlo arrivare a Karachi e abbiamo chiesto aiuto direttamente al ministro pakistano alle frontiere, Sheryar Afridi, con il quale abbiamo da tempo rapporti perché è venuto anche un paio di volte a Cremona” ha detto la presidente dell’associazione, Rosanna Ciaceri.
foto da La Provincia di Cremona