AgenPress – Le ultime immagini arrivate dal fondo del pozzo mostrano Ryan, il bambino caduto nel pozzo, che all’una e 30 di questo sabato, si muove. Alle 7, stamattina, ha bevuto e mangiato qualcosa.
I soccorritori, alle due, hanno detto che mancavano “altre cinque ore di lavoro”. Sono calcoli di matematica e fatica e in questa cabala marocchina, si procede in realtà centimetro dopo centimetro, nella speranza di non trovare altri intoppi. L’ultimo ostacolo è una roccia che da tre ore viene picconata con tenacia.
Restano due metri circa, dicono gli ingegneri, per arrivare al piccolo Alfredino del Marocco. I tubi inseriti tra il cratere scavato dai soccorritori e il pozzo, per consolidare il tunnel di raccordo, spingono contro questa roccia. Ryan, bloccato a 32 metri potrebbe scivolare ancora più giù, perché il pozzo è profondo 60 metri. Il piccolo, dopo tutto questo tempo, è anche a rischio ipotermia.
Il pozzo ha un diametro di circa 45 centimetri, e man mano che si scende la larghezza si riduce fino ad arrivare a circa 25 centimetri, rendendo impossibile raggiungere il bambino per un soccorritore adulto.
L’ostacolo roccioso è quasi completamente superato, dicono gli ingegneri che lavorano per liberare il piccolo Ryan e c’è un filo di speranza che arriva dalla telecamera in fondo al pozzo: Ryan si muove, mentre il papà conferma: “Gli ho parlato via radio, ho sentito il suo respiro, respira a fatica, ma è vivo”. Le preghiere a voce alta dei marocchini scandiscono il ritmo dei lavori, giorno e notte. La folla si accalca attorno al pozzo e sono stati inviati uomini della gendarmeria reale per allontanare i curiosi. Gli abitanti del posto si sono fatti carico di ospitare i numerosi volontari che sono arrivati a Tamrout nella speranza di poter essere utili. Le preghiere per Ryan risuonano ogni giorno nelle 60 mila moschee del Marocco.