AgenPress. Intervista Esclusiva SprayNews.it a Benedetto Della Vedova, segretario nazionale di +Europa e sottosegretario per gli Affari Esteri
Della Vedova, secondo lei, che è stato in Forza Italia, Silvio Berlusconi ha i requisiti necessari per ambire alla Presidenza della Repubblica?
Io non sono mai stato in Forza Italia. Quando Forza Italia e Berlusconi propugnavano una rivoluzione liberale, sono stato eletto in quel centrodestra, che doveva essere, per l’appunto a trazione liberale. Poi, purtroppo, si sono rivelate tante parole con pochi fatti. Detto questo, ciascuno è naturalmente libero di scegliere chi candidare. Il centrodestra, che decide di candidare Berlusconi, fa, secondo me, una scelta sbagliata. Berlusconi non avrà i voti che servono. Se i suoi alleati pensano sinceramente che lui sia il miglior candidato possibile del centrodestra, commettono un errore, perché Berlusconi, al di là di ogni altra considerazione, non avrà i voti necessari.
Veniamo a voi. +Europa si è federata con Carlo Calenda e la sua Azione. E’ un’iniziativa circoscritta o il primo passo di un raggruppamento più vasto di stampo liberale? C’è, in particolare, posto anche per Matteo Renzi o ci sono preclusioni?
Noi abbiamo sottoscritto un accordo con Carlo Calenda e Azione dopo più di due anni di lavoro comune e dopo che avevamo già unito le rappresentanze parlamentari. Siamo due partiti, +Europa lo è già, Azione lo diventerà presto, che fanno parte del Partito Liberale Europeo ed entrambi riteniamo da tempo che bisogna dare vita a un progetto politico ed elettorale unitario. E’ sicuramente un progetto, che potrebbe aprirsi ad altri movimenti e ad altre personalità.
Nella fattispecie, anche a Matteo Renzi?
In queste settimane Italia Viva ha fatta la scelta diversa di un accordo, non so se anche formalizzato, con Luigi Brugnaro, Giovanni Toti e altre formazioni più di centrodestra, che partecipano anche alle riunioni con all’ordine del giorno l’elezione di Berlusconi. Noi e Azione abbiamo finalizzato un lavoro comune di anni e andiamo avanti. Poi vedremo se sarà possibile allargarsi ad altri.
Quale è, secondo lei, il profilo ideale del Presidente della Repubblica che i grandi elettori si apprestano a scegliere e chi potrebbe essere?
Sul chi noi disponiamo di soli cinque voti, che utilizzeremo al meglio, e non ho la presunzione di fare nomi. Un buon Presidente della Repubblica è una persona che ha esperienze istituzionali e uno standing, nazionale e internazionale, riconosciuto. Una persona, che deve essere qualificata per il ruolo di garante dell’unità nazionale. Una persona che, come è stato Mattarella e altri prima di lui, sia in grado di essere riconosciuto, nella sua autorevolezza e poi anche nella sua autorità, un po’ da tutti e che possa godere, nel contempo, di un vasto appoggio da parte della società civile. Una persona, che sappia spogliarsi delle proprie militanze ed essere garante dell’unità nazionale e della Costituzione.
Un profilo molto lontano da quello di Berlusconi…
Berlusconi ha svolto un ruolo, ma è stato una persona contradditoria nelle cose che ha fatto. Non credo che sia il profilo giusto ed è questa l’unica ragione per cui, secondo me, non troverà i voti necessari.
Emma Bonino potrebbe essere il profilo giusto?
Emma Bonino sarebbe un grande Presidente, perché ha tutte le caratteristiche che servono. Ha una grande esperienza istituzionale, nazionale ed europea ed è un profilo internazionalmente riconosciuto. A tutto questo aggiunge una militanza ultradecennale e una straordinaria passione per le battaglie sui diritti delle persone, in particolare delle donne, che si sono rivelate lungimiranti. Emma ha chiarito che il suo momento era precedente a questo e noi rispettiamo la sua scelta di non essere in campo. Il suo, però, è un profilo che resta, senza ombra di dubbio, un punto di riferimento.
A proposito dei diritti delle persone, ddl Zan contro l’omotransfobia, ius soli, fine vita. L’Italia nel campo dei diritti fa fatica a voltare pagina, ostaggio, come sembra, di forze conservatrici…
La storia insegna che quando fu promulgata la legge sul divorzio e ci fu poi il referendum abrogativo, c’era un pezzo importante di questo Paese, che era contrario alla legge. A distanza di qualche decennio, possiamo dire che avevano ragione i Radicali, quando sostenevano che l’Italia era matura per il divorzio, come istituto di civiltà e non come una minaccia per la famiglia e che tutte le profezie di sventura si sarebbero rivelate fallaci. Oggi, come allora, sul fine vita, così come sulla piena legittimità della comunità lgbt, c’è un pezzo d’Italia che resiste, ma ci si arriverà. C’è ormai anche un’evoluzione tecnologica, che spinge a riconoscere, in determinate circostanze, alle persone la capacità di scegliere il proprio destino. Ce la si farà. Sull’eutanasia, così come sulla legalizzazione della cannabis. I referendum se, come mi auguro, si terranno in primavera, saranno una grande opportunità per gli italiani, che nel campo dei diritti vogliono voltare finalmente pagina.
di Antonello Sette