AgenPress – “Accogliamo con piacere l’apertura dell’Ente Parco – a seguito di un’importante pressione mediatica, con risvolti anche internazionali, The Guardian 26 novembre 2021 , e di una denuncia penale nei confronti del suo presidente, Giampiero Sammuri – di rivedere le modalità e le azioni finalizzate all’eradicazione del muflone del Giglio, per 378,925 EURO, e parte di un progetto LIFE, LetsGoGiglio, del costo complessivo di 1,593,035 di EURO (955,820 Euro dei quali finanziati dall’UE)2.
Lo scrive Stefano Corbizi Fattori, portavoce del del Caart (Coordinamento associazioni animaliste della regione Toscana) rifiutando l’invito dell’ Ente Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano a partecipare al tavolo tecnico sul caso dei mufloni all’Isola del Giglio (Grosseto).
“Facciamo presente che l’invito dell’Ente Parco ad incontrarsi con le associazioni animaliste toscane rappresenta la prima opportunità per un confronto a quasi tre anni dall’approvazione del progetto LetsGoGiglio (gennaio 2019), nonostante il progetto prevedeva la consultazione con le associazioni animaliste dal suo avvio (luglio 2019). LetsGoGiglio prevedeva anche la partecipazione dei cittadini in tali consultazioni e prendiamo atto che, fino a questo momento, nessuna consultazione – e distinguiamo tra consultazione e comunicazione – con gli abitanti dell’isola è avvenuta, in violazione della Convenzione di Aarhus.
Seppure positivo l’impegno preso dall’Ente Parco di traslocare i mufloni che riuscirà a catturare nei prossimi mesi, questo non garantisce l’incolumità dei mufloni che non riuscirà a catturare. Giampiero Sammuri ha già precisato che i mufloni che non verranno catturati dovranno essere inesorabilmente abbattuti entro la conclusione del progetto, ossia entro la fine del 2023.
L’invito a noi esteso, di partecipare ad un tavolo tecnico, si limiterebbe dunque a definire le modalità delle catture, delle traslocazioni e del mantenimento dei mufloni (quest’ultime, peraltro, a carico delle associazioni, poiché i parchi sono esenti dal sostenere tali spese). La partecipazione a tale tavolo non offre quindi la possibilità di un confronto mirato a rivalutare e ridefinire gli obiettivi di eradicazione del progetto LetsGoGiglio.
Accettando l’invito, dunque, de facto sottoscriveremmo alla narrativa dominante che pervade questo tipo di progetti attualmente in auge e di cui l’Ente Parco si fa portavoce e promotore tramite il suddetto progetto LIFE (ed altri progetti LIFE, in corso e precedenti, vedi sotto).
Secondo questa narrativa sarebbe possibile, e giusto, classificare la vita degli animali e delle piante secondo una gerarchia stabilita dall’Uomo, il quale decide quali specie meritano di vivere e di essere protette, e quali invece meritano di morire.
In un’epoca in cui più che mai, se non altro per la sopravvivenza della specie umana stessa, sembra vitale mettere in discussione i rapporti di forza tra l’Uomo ed il resto della vita sulla Terra, la narrativa sulla quale l’Ente Parco argomenta e giustifica l’eradicazione del muflone risulta a noi del tutto anacronistica, controproducente ed inaccettabile.
Sul piano prettamente pragmatico, invece, i regolamenti ministeriali ed Europei (1143/2014), nonché il buon senso, stipulano che le azioni mirate alla gestione delle specie alloctone devono essere proporzionali al grado di invasività delle specie. In assenza di dati che comprovino l’invasività del muflone sulle biocenosi del Giglio, non ci sembra giustificabile la scelta dell’Ente Parco di ricorrere all’azione più drastica tra quelle messe a disposizione dalla legge, ossia l’eradicazione tramite abbattimento.
L’Ente Parco giustifica l’eradicazione sulla base di studi condotti su isole oceaniche, come le Hawaii e le Canarie, che risultano del tutto incomparabili alle isole dell’arcipelago toscano. Il progetto, che dice di mirare alla ‘riqualificazione ambientale’ dell’isola, sembra inoltre inseguire un mito di ‘purezza’ impossibile da ripristinare, vista la natura e la storia fortemente antropica delle isole dell’arcipelago.
Al contempo, ed in contraddizione con il suo mito di purezza, l’Ente Parco sembra ignorare gli appelli di numerosi scienziati che, nei mesi scorsi, oltre a condannare il progetto (tra cui l’Unione Nazionale dei Biologi), hanno sollevato la possibile unicità fenotipica e genetica del muflone del Giglio. Questo, infatti, secondo documentazione storica fu introdotto sull’isola nel 1955 tramite un importante progetto di salvaguardia e ripopolamento della specie.
Con il progetto LetsGoGiglio si rischia dunque di ripetere il tragico errore già commesso nel 2017 dall’Ente Parco sull’isola di Pianosa, durante un altro progetto LIFE, Resto con Life (3,123,670 EURO), il quale rischiò di portare una rarissima lepre all’estinzione.
Nonostante le dichiarazioni rilasciaste da Giampiero Sammuri relative alla necessità di eradicare la lepre dall’isola, come appunto originariamente previsto dal progetto LIFE, “campioni di tessuto e sangue prelevati da 35 individui catturati all’inizio dell’operazione, o fucilati con squadre di cani da caccia, [furono] raccolti e analizzati geneticamente, portando all’imprevedibile risultato che la popolazione di lepre bruna di Pianosa rappresentava [invece] l’ultima popolazione incontaminata e vitale di Lepus europaeus meridieile”, creduta oramai estinta sul continente.
Se non fosse stato per i volontari delle associazioni, presenti alle azioni di eradicazioni sull’isola, i quali fecero notare ai beneficiari del progetto le particolarità fenotipiche della lepre di Pianosa, questo gravissimo errore di valutazione tassonomica avrebbe portato all’estinzione dell’ultima colonia esistente in Europa di questa lepre.
Il fatto che l’Ente Parco si avvalli dell’opinione favorevole dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per giustificare l’eradicazione del muflone al Giglio, purtroppo, non offre alcuna rassicurazione, poiché fu l’ISPRA stessa ad aver approvato e persino partecipato al progetto Resto con Life su Pianosa.
Gli obiettivi e la narrativa del progetto sembrano dunque contraddirsi e sostenersi su basi teoriche che non supportano la scelta di uccidere questi animali, salvo i pochi che verranno catturati e traslocati – operazioni peraltro di grande stress sia per gli animali che verranno traslocati che per quelli che verranno lasciati indietro ed abbattuti, in quanto il gregge verrà separato indistintamente dalle sorti dei mufloni.
Notiamo con rammarico, inoltre, che l’Ente Parco non conferma, né tantomeno smentisce, l’abbattimento di qualche muflone da quando, il 22 novembre scorso, ha dato il via libera ai cacciatori di sparare.
In assenza di trasparenza, e vista la circoscrizione dei termini dell’incontro proposto dal parco, non riteniamo opportuno e accettabile partecipare.
Saremo ben lieti di incontrare l’Ente Parco qualora venisse organizzata una consultazione inclusiva e trasparente durante la quale fosse possibile rivedere le modalità del progetto LetsGoGiglio e ad esplorare la possibilità di attuare una variante in corso d’opera, così come previsto nel progetto LIFE.
È la nostra opinione, come sembra essere anche quella dei cittadini del Giglio e di numerosi esperti – tra cui scienziati e direttori di parchi nazionali – che sia fattibilissimo e nei termini temporali ed economici del progetto contenere i mufloni in un’area idonea sull’isola, controllando la loro proliferazione tramite interventi di sterilizzazione, anche farmacologica (come sta già avvenendo in altri parchi in Italia e all’estero). Ciò permetterebbe di garantire il successo del progetto LetsGoGiglio, che mira a gestire la presenza del muflone sull’isola in linea con gli obiettivi della Strategia UE per la Biodiversità, senza dover ricorrere a misure cruente così come previsto dalla regolamentazione nazionale ed europea”.