AgenPress – Sono 488 gli operatori dell’informazione che risultano attualmente reclusi nelle carceri del mondo a causa del loro lavoro. Un numero superiore ad ogni stima mai registrata da quanto, cinque anni fa, Reporter senza Frontiere iniziò a raccogliere dati sulle persecuzioni contro i giornalisti.
”Questo aumento significativo del numero delle detenzioni arbitrarie è provocato in particolare da 3 Paesi i cui governi sono indifferenti al desiderio di democrazia dei loro cittadini”, prosegue il rapporto. In Myanmar, dove lo scorso febbraio i militari hanno ripreso il potere con un colpo di Stato, attualmente vi sono 53 giornalisti in prigione, mentre lo scorso anno erano solo 2.
La Cina è il paese che detiene nelle proprie carceri il maggior numero di reporter, 127, e a riguardo il dito viene puntato soprattutto sulla crisi in corso a Hong Kong con il relativo giro di vote sulla stampa. Seguono Myanmar (53), Vietnam (43), Bielorussia (32) e Arabia Saudita (31).
Di segno opposto invece i numeri sulle uccisioni: 46, il più basso nello stesso lasso di tempo. La cosa, spiega un dossier di Reporter senza Frontiere pubblicato a Parigi, è dovuta principalmente alla relativa stabilizzazione del Medio Oriente negli ultimi mesi. Il numero delle reclusioni, viceversa, è cresciuto in un anno del 20 percento a causa delle tensioni in Myanmar, Hong Kong e Bielorussia. Spicca inoltre il fatto che mai così tante donne sono risultate imprigionate, 60. Messico e Afghanistan restano i due paesi più pericolosi per i giornalisti quest’anno, con rispettivamente 7 e 6 morti, seguiti da Yemen e India al terzo posto, con 4 giornalisti uccisi ciascuno.