AgenPress. Sono molto lieto di essere qui e di portarvi il mio saluto. A voi tutti esprimo il benvenuto della Repubblica Italiana qui a Roma in occasione della terza Conferenza ministeriale Italia – Africa.
Sono trascorsi tre anni dall’ultima edizione, e il contesto in cui ci si riunisce è profondamente mutato, segnato dalla cesura operata dall’emergenza sanitaria che si è abbattuta sul pianeta.
Un’emergenza che è andata a sovrapporsi a crescenti tensioni a livello mondiale, segnale di un riassetto geopolitico di ampia portata.
Il baricentro politico ed economico sembra progressivamente spostarsi dall’Atlantico al Pacifico ed Europa e Africa devono interrogarsi sul proprio futuro e su quale ruolo esse siano chiamate a svolgere.
L’Unione Europea ha avviato una riflessione sugli obiettivi che intende darsi e su cosa occorra per tutelarli, per raggiungere cioè una vera autonomia strategica.
Maggiore responsabilità non significa isolamento. Al contrario, l’Europa ambisce ad essere pietra angolare di un multilateralismo veramente efficace, fondato su valori e su principi universali – stato di diritto, libertà, democrazia ed equità – che offra soluzioni condivise a problemi che non possono essere affrontati da singoli Paesi, pena la irrilevanza delle risposte.
La collaborazione e il dialogo internazionali, infatti, non sono soltanto un imperativo morale, ma un metodo che ha dimostrato appieno la propria efficacia per il mantenimento della pace.
Sfide comuni ci interpellano, e richiedono un impegno comune, a partire dall’emergenza sanitaria.
Se pur ci stiamo lasciando alle spalle – come speriamo – il periodo più buio, molto resta ancora da fare.
L’Africa che ospita il 17% della popolazione mondiale, ha ricevuto soltanto il 2% della produzione mondiale di vaccini. Vi è quindi, prima di ogni altra cosa, un problema di equa distribuzione che va risolto presto ed efficacemente. L’Unione Europea, decidendo di condividere 450 milioni di dosi a beneficio dei Paesi che hanno avuto scarso accesso ai vaccini, ha compiuto un passo nella giusta direzione. Ma la vera risposta sta nel favorire lo sviluppo di un’industria farmaceutica africana, che consenta di mettere a valore le capacità di innovazione e l’esperienza dei ricercatori locali. In questo senso va l’iniziativa europea, pienamente sostenuta dall’Italia, di investire un miliardo di euro per stimolare la produzione di vaccini nel continente africano.
Nessuno potrà dire di essere fuori dalla pandemia sino a quando non ne saremo tutti fuori. E questo vale particolarmente per due continenti così vicini e così legati come Africa ed Europa, così prossimi da costituire un’unica regione, unita piuttosto che separata dal Mediterraneo.
Un secondo tema è la necessità di lotta senza quartiere al terrorismo e a tutti i fondamentalismi, che continuano a rappresentare una minaccia per i nostri continenti, per i nostri valori, per i nostri popoli. Forze violente, pur se minoritarie, tengono in ostaggio intere popolazioni. Gli africani sono in prima linea in questo fronte.
Dal Sahel alla regione dei Grandi Laghi, dalla Somalia al Mozambico, milioni di donne e uomini sono oppressi da formazioni terroristiche. Migliaia di militari e civili, nelle numerose missioni dell’Unione Africana e delle varie Organizzazioni regionali cercano di opporsi.
L’Europa e l’Italia continueranno a restare al fianco dei Paesi più esposti alla minaccia fondamentalista.
E senza dubbio non vi è sfida più grande e impegnativa, per l’umanità, del cambiamento climatico. Si tratta di una drammatica realtà, di cui i popoli dell’Africa hanno esperienza diretta già da decenni.
Come ha recentemente ricordato Vanessa Nakate a Milano, nonostante l’intero continente sia responsabile di appena il 3% delle emissioni globali, si trova ad essere vittima di una percentuale ben più consistente delle conseguenze avverse dei cambiamenti climatici: dalla desertificazione ad apocalittiche inondazioni, alla allarmante riduzione del terreno coltivabile, con le gravi conseguenze sull’alimentazione.
Nel contrasto ai cambiamenti climatici non è più tempo di ambiguità e di distinguo. Occorre agire subito per non pregiudicare definitivamente qualità di vita e sopravvivenza delle future generazioni.
Al riguardo dobbiamo garantire il massimo sforzo per raggiungere e superare gli obiettivi di riduzione delle emissioni nocive che da Kyoto a Parigi abbiamo collettivamente assunto.
La preCOP e “Gioventù per il Clima” hanno ancora una volta reso palpabile l’urgenza di agire, anche attraverso le voci di tanti giovani che hanno fatto di questo impegno una ragione di vita.
La prossima COP26 rappresenterà uno spartiacque, ne dobbiamo tutti essere consapevoli.
Sui Paesi di vecchia e nuova industrializzazione ricadono le maggiori responsabilità. Non è ammesso distrarsi.
Il continente africano è chiamato a far sentire alta la sua voce e non soltanto perché è in prima linea nel fronteggiarne gli effetti.
L’Africa detiene chiavi essenziali per il successo delle strategie di de-carbonizzazione del pianeta: dal possibile sfruttamento del Sahara e delle altre aree desertiche per la produzione di energia rinnovabile, alla preservazione di quello che lo storico e geografo Joseph Ki-Zerbo ha chiamato con termine evocativo il “deserto verde” della foresta africana, prezioso patrimonio per l’intera umanità. La produzione di energia pulita e la sua efficace distribuzione sono fondamentali per lo sviluppo dell’Africa.
La transizione energetica, con la sua enfasi sulle energie rinnovabili e sull’economia circolare, apre nuovi e promettenti orizzonti di collaborazione per i nostri continenti.
Dai grandi progetti per l’utilizzo dell’energia solare ed eolica, all’agricoltura 4.0, fino alla produzione di idrogeno verde, le potenzialità per la cooperazione fra Africa e Europa sono numerose e tutte altamente promettenti.
A queste si aggiunge l’ampia disponibilità di terre rare e di altre risorse strategiche necessarie per realizzare batterie e microchip, che rappresentano ciò che all’inizio del secolo scorso erano il carbone e l’acciaio. E se l’Europa ha compiuto grandi e gravi errori nel considerare l’Africa come mera fonte di risorse, oggi è finalmente la stagione di una leale cooperazione, nella quale i problemi principali toccano tutti, e le soluzioni hanno bisogno del contributo di ciascuno.
La chiave di un successo, che per essere durevole non potrà che essere comune, sta nel rafforzare la consapevolezza della complementarietà fra Africa ed Europa, complementarietà che un frangente storico così complesso rende ancora più evidente.
Il continente africano rappresenta il partner naturale per l’Unione Europea: l’altra faccia di una stessa medaglia. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Non comprenderlo adesso ci porterebbe a constatare, fra qualche anno, di essere stati silenziosamente, ma inesorabilmente, relegati alla periferia del pianeta.
Al contrario, africani ed europei, insieme, possono fare dei due continenti una vasta e integrata regione, stabile politicamente, dinamica economicamente e vibrante culturalmente.
Una regione dove in totale vivono oltre un miliardo e mezzo di persone che producono un Prodotto Interno Lordo pari a quindicimila miliardi di Euro.
Un’area al centro delle dinamiche globali.
Nel ventennale della scomparsa di un grande Padre dell’Africa, Léopold Sédar Senghor, risuona l’attualità della sua evocazione profetica di un gemellaggio spirituale dei due continenti.
Africa ed Europa, con le loro rispettive esperienze, storicamente uniche, di integrazione continentale, sono chiamate a farsi promotrici di un rinnovato multilateralismo, forti di un condiviso “umanesimo”, con al centro dell’azione politica, a livello nazionale e internazionale, l’uomo e la sua aspirazione a vivere con dignità in società più eque, più inclusive, più sostenibili.
Dalla logica rivendicativa alla base dell’avvio del dialogo Nord-Sud, che caratterizzò gli anni ’70 del secolo scorso, si tratta di passare alla elaborazione di un ambizioso progetto comune.
L’Agenda 2063 dell’Unione Africana pone grande enfasi sui cambiamenti climatici e sulla transizione ecologica, tematiche che sono parimenti al centro del “Green New Deal” europeo.
Il Summit fra Unione Africana e Unione Europea che si terrà il prossimo anno deve rappresentare l’occasione per tracciare un sentiero comune, da percorrere assieme, per permettere al partenariato euro-africano di compiere un vero e proprio salto di qualità e per costruire in prospettiva una regione economicamente integrata nel segno della “green economy”.
In Africa come in Europa la sfida non è soltanto legata alla tutela dell’ambiente, ma riguarda anche i sistemi economici e le società nel loro complesso.
Non esistono soluzioni prefabbricate, non esistono modelli cui fare riferimento, ma appunto questo offre la circostanza, forse unica nella storia, di lavorare a una visione elaborata insieme.
Non possiamo perdere questa opportunità!
La sfida riguarda la possibilità di una trasformazione epocale, che consentirà di creare nuove opportunità economiche per le decine di milioni di giovani africani che, da qui al 2050, quando la popolazione dell’Africa supererà i due miliardi di abitanti, si affacceranno sul mercato del lavoro.
Un modello di crescita endogeno e integrato, rispettoso dell’ambiente e delle persone, rappresenta la migliore risposta a incontrollati e spesso rovinosi fenomeni migratori che, se nell’immediato possono apparire tormentati e fragili rimedi nei confronti di una pressione demografica in crescita impetuosa e offrono, con le rimesse di emigranti, un contributo finanziario ai Paesi d’origine, nel lungo periodo privano questi di loro importanti energie, finendo per incidere negativamente sulle loro possibilità di sviluppo.
Anche in tale ambito Europa e Africa sono chiamate a fare di più, nel segno di una collaborazione aperta, efficace, sincera, laddove le posizioni siano distanti, ma sempre rispettosa e costruttiva.
Il fenomeno migratorio deve essere governato a vantaggio di tutti. Diversamente ne saranno travolti, insieme, le ragioni dell’umanità e gli ordinamenti statali.
Mentre celebriamo quest’anno la ricorrenza del ventennale dell’entrata in vigore dell’Atto Costitutivo dell’Unione Africana, la visione di un continente coeso e sempre più prospero sta prendendo forma e ha compiuto significativi passi avanti, come è dimostrato dall’avvio dell’Area Continentale africana di Libero Scambio e dello Spazio Aereo Comune e dal lancio di un ampio Programma Infrastrutturale Continentale.
La Repubblica Italiana, legata all’Africa da vincoli profondi, si rivolge a voi come a Paesi amici, con i quali cogliere insieme le opportunità di sviluppo congiunto, nel quadro di un partenariato sempre più stretto fra le due sponde del Mediterraneo.
Proprio questa consapevolezza ci ha indotto a porre l’Africa al centro del nostro impegno, sia in occasione del Vertice Globale sulla Salute, che ha indicato la vaccinazione nel continente africano quale priorità nella lotta alla pandemia, sia in occasione dei numerosi eventi di alto livello che hanno contrassegnato la Presidenza italiana del G20, cui hanno preso parte anche l’Unione Africana e AUDA-NEPAD.
Un’attenzione, la nostra, che si è nutrita anche di indicazioni concrete, dai vaccini alla promozione di iniziative per l’alleggerimento dell’onere del debito.
Tale impegno si iscrive nel segno della continuità delle nostre relazioni, ma si sviluppa attraverso contenuti nuovi, nella sfida – oggi più che mai attuale – di coniugare crescita economica e sviluppo umano, aumento del benessere e tutela dell’ambiente e del pianeta. Una complessità che ci invita a cercare nuovi e proficui momenti di scambio con la società civile, con le imprese e con il mondo delle associazioni.
Con oltre 27 miliardi di dollari di investimenti diretti, cresciuti di oltre il 30% negli ultimi 5 anni, l’Italia rappresenta uno dei principali investitori europei in Africa e può svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo delle enormi potenzialità del continente in materia di energie rinnovabili, assicurando la più ampia condivisione di tecnologie e di saperi per favorire la creazione ed il consolidamento di poli produttivi e di ricerca africani.
Sono fiducioso che la vostra presenza qui, insieme a quella di importanti gruppi privati e di organizzazioni attive nei campi dell’energia, dell’ambiente e della finanza consentirà di dare vita a quei partenariati tra pubblico e privato necessari a gettare i semi di un futuro di prosperità e di progresso, nel segno di quella transizione ecologica che costituisce ormai un imperativo sempre più impellente per l’intera umanità.
Ci deve muovere un acuto senso di urgenza.
Perché il tempo dell’Africa è adesso.
Ed è interesse comune che il continente possa riprendere convintamente il cammino della crescita, avvalendosi delle straordinarie energie dei giovani africani, della loro capacità di creare innovazione e valore.
L’Italia, anche nel quadro della sua appartenenza all’Unione Europea e alle alleanze internazionali di cui è parte, intende continuare a lavorare con i partner africani per costruire congiuntamente un orizzonte di pace, sviluppo e benessere.
Il rafforzamento della nostra rete diplomatica, con l’apertura di nuove Sedi in diverse capitali africane, testimonia la determinazione a consolidare un partenariato di lungo periodo per affrontare insieme i temi della sicurezza, dello sviluppo sostenibile, di una gestione più efficace del fenomeno migratorio e della promozione dei valori di libertà, di partecipazione e del dialogo tra i popoli, quali antidoti ai conflitti, alla radicalizzazione e all’instabilità.