Intervista a Luca Palamara sul quotidiano Prealpina

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AgenPress. Dottor Palamara, il sistema di lottizzazione delle cariche è stato stroncato davvero? Dopo l’inchiesta che la coinvolse nel 2019, qualcosa è cambiato?

«Basta richiamare una recente sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la nomina dei componenti alla scuola superiore della magistratura: nonostante i tanti buoni propositi mi sembra che la lottizzazione sia purtroppo ancora ben radicata».

La spartizioni di nomine di cui parla nel libro di Alessandro Sallusti è una sua creatura?

«Io mi sono limitato a raccontare un sistema che non ho inventato io, ma nel quale, prima come presidente dell’Associazione nazionale magistrati, poi come componente del Consiglio superiore della magistratura, mi sono trovato a operare».

Qual è la genesi di questo “sistema” che ha rincarato la sfiducia del cittadino nella giustizia?

«La nostra Costituzione prevede che la magistratura sia un potere autonomo e indipendente. A partire dagli anni Sessanta i magistrati si sono organizzati in correnti che sono nate con i più nobili ideali. Nel tempo si sono trasformate in strumenti di controllo della carriera dei magistrati. Io sono stato un rappresentante di una delle correnti e come tale mi sono interfacciato con i rappresentanti delle altre correnti».

Quindi un magistrato avulso dai raggruppamenti, almeno fino al 2019, non aveva possibilità di carriera meritocratica?

«Il sistema è perennemente alla ricerca della individuazione di un punto di equilibrio tra appartenenza correntizia e merito che non sempre si realizza e che finisce spesso per privilegiare la prima. È indubbio che il sistema abbia danneggiato così tanti magistrati che quotidianamente svolgono il loro lavoro e che di questo sistema non hanno fatto parte».

Conosce la realtà giudiziaria di Busto Arsizio?

«Per chi come me si è occupato degli uffici giudiziari in diverse vesti, Busto è nota per essere un riferimento di un contesto socio-economico molto ricco, con tutte le problematiche ambientali e criminali tipiche delle aree fortemente industrializzate. Tradizionalmente si parla di una sede con organici fortemente sottodimensionati, soprattutto nel momento in cui la crisi economica ha causato crisi di impresa con procedure concorsuali e risvolti penali in reati di bancarotta. A ciò si aggiunge la competenza su Malpensa, punto di arrivo di carichi di droga dal Sudamerica».

Un territorio che merita attenzione e professionalità elevata.

«Il mio consiglio ha nominato un procuratore aggiunto, un presidente di sezione di tribunale e un presidente di tribunale. E anche a posteriori ritengo che si sia trattato di scelte di ottima qualità, esempi di meritocrazia e non di lottizzazione.

Anche Varese è sede giudiziaria, per decenni appesantita dalla figura del pubblico ministero Agostino Abate, quasi un intoccabile.

«Del collega Abate mi sono occupato come giudice della sezione disciplinare che lo ha dapprima rimosso da Varese in via cautelare e poi in via definitiva. Non ritengo opportuno commentare tali decisioni, ma certamenti posso dire che molti colleghi di Varese ne avevano stima, tanto da testimoniare in suo favore davanti alla sezione disciplinare. Ciò può spiegare perché una situazione ambientale obiettivamente complicata si sia protratta a lungo».

Omicidio Lidia Macchi, un ergastolo in primo grado e assoluzione completa in appello e cassazione. E poi scontri tra le corti a colpi di esposti e querele. Cosa ne pensa?

«Il tema della condanna in primo grado e delle successive assoluzioni può indubbiamente disorientare i cittadini e l’opinione pubblica, perché hanno bisogno di certezze. Ma ciò non può impedire una diversa valutazione dei fatti e delle prove nei diversi gradi di giudizio. I contrasti tra colleghi – da quel che ricordo – ripropongono un tema risalente e dibattuto, quale è quello della continenza nella redazione degli atti giudiziari».

Ieri era a Perugia?

«No, mi sono collegato con l’aula in videoconferenza. È stata una giornata pesante».”

Lo dichiara al quotidiano Prealpina Luca Palamara.

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