AgenPress – “Fu Luigi Di Maio a dirmi, a fine novembre 2020, che la crisi del governo Conte ci sarebbe stata; mi disse che Matteo Renzi non si sarebbe fermato” e di Mario Draghi premier mi parlarono “fonti istituzionali, non del Movimento, per la prima volta già a metà agosto. Pochi giorni dopo, l’attuale presidente del Consiglio parlò al meeting di Comunione e Liberazione. Tenne un discorso ordinario, ma che venne commentato con toni di adorazione, neanche fosse Martin Luther King. Per questo scrissi un articolo definendolo ‘apostolo delle élite'”.
Così Alessandro Di Battista sul Fatto quotidiano dove fa presente di essere “assolutamente convinto” nell’aver detto no a questo governo, che “ha accumulato un ritardo colossale sui ristori e soprattutto non si parla più di politica. La pax draghiana l’ha distrutta”.
“C’è un livello di conformismo nel Paese che non c’era neanche con Berlusconi. Dappertutto si adora Draghi. E poi le banche hanno occupato la politica, ormai – ero molto dubbioso anche quando dicemmo sì al governo con il Pd. Ma in quel caso, come era avvenuto nell’esecutivo con la Lega, avevamo ancora la maggioranza relativa in Consiglio dei ministri, ovvero il M5s poteva porre il veto a ciò che non voleva. Ora invece nel governo di tutti è minoranza. E questo è un nodo politico”.