AgenPress. “La giustizia italiana, oggi, sotto l’ala del nuovo Corvo, respirale caligini di un romanzo noir. C’è un avvocato trafficante di favori; un ex magistrato dalla virtù intermittente; una segretaria che sfarfalla tra verbali segreti, procure e giornali; e una loggia massonica di quelle oscure come ai bei tempi. E c’è un giornalista allergico al sistema, Piero Sansonetti, direttore del Riformista, il quale, alle soglie di un’annunciata, storica riforma del sistema, mastica cinismo e querele. “
Caro Sansonetti, come vedi questa storiaccia del pm Storari di Milano che consegna al collega Davigo i files dell’avvocato Amara; e il suo Procuratore capo Greco che contrattacca; e l’indagine che rimpalla tra Roma, Brescia e Milano. Esiste davvero questa “loggia Ungheria” tra le zone d’ombra delle Procure?
«Non è inverosimile che esista. Anzi, per me potrebbero esistere pure una loggia Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania. Non cambia molto. Il punto vero è che quello che sta succedendo dentro una magistratura che opera nella totale illegalità, io lo denuncio da tempo. Ci sono oramai episodi, fatti, comportamenti che supera no la mia fantasia. Gli atteggiamenti di Davigo sono di una gravità inaudita, ma ancor di più lo è un potere dello Stato, quello dei magistrati che da anni schiaccia gli altri senza che nessuno reagisca».
Suppongo che faremo quest’intervista camminando sulle uova di possibili querele. Questa tua idea della magistratura si riflette in un sondaggio pubblicato da Libero: il 77% degli italiani non si fida più dei giudici. Perché?
«È molto interessante questo spostamento dell’opinione pubblica, esattamente contrario al trend della grande informazione, specie di giornali come Repubblica o Il Fatto – che, di solito, pubblicano anche il colore delle mutande degli indagati – e ora hanno inguattato documenti e verbali, senza risponderne a nessuno. E conferma che la gente si è resa conto che per decenni i magistrati hanno fatto tutto quello che volevano in una situazione di pura sopraffazione».
E dalli. La poggi leggera leggera…
«È la verità. D’altronde se c’è un vuoto politico e non sei in grado di riempirlo, è naturale che qualcuno ne approfitti. Li hanno lasciati fare per decenni. La conclusione è che la magistratura non ricerca più la giustizia mala gestione del potere. Non siamo un paese normale».
È sempre la solita storia del “vuoto di potere” politico provocato da Tangentopoli, e occupato dalla magistratura col sostegno della sinistra?
«Guarda, secondo me risale prima, agli anni 70, quando il Pci decise di delegare la lotta contro il terrorismo al potere giudiziario. Che, da allora, ha avuto una delega armata che non è mai tornata indietro. Se ci pensi, l’organo che giudica i magistrati, il Csm, è fatto soprattutto da magistrati; e ti rendi conto della follia, la democrazia è completamente saltata. Il Csm dovrebbe essere formato da giuristi, politici, avvocati, solo in minima parte da togati i quali, però, a fine mandato, non dovrebbero più poter tornare alle attività precedenti».
Tornando alla “loggia Ungheria”. Trovi verosimili le denunce dell’avvocato Amara al pm Storari, inascoltato?
«Io non mi sforzo di cercare una verità che poi sfocia nel complottismo. Mi attengo a i fatti. E i fatti sono che Amara ha patteggiato una pena col magistrato Ielo attraverso un tale avvocato Mondello che era il compare di nozze dello stesso Ielo. Una cosa mai vista. Poi io non so se Amara dice il vero o il falso, se lo faccia per motivi processuali o economici (mi pare sia molto ricco); o qual è il suo rapporto con l’Eni».
Non sei mai stato, diciamo, un fan di Piercamillo Davigo. Credo neanche della sua segretaria Marcella Contrafatto alias il Corvo che ha spedito i verbali ai giornali. Mi immagino i tuoi sorrisetti di soddisfazione…
«Davigo si presentava come Savonarola, invece ci fa la figura di un bulletto qualunque. Se le cose che ha fatto lui le avesse fatte un politico sarebbe già stato incriminato. Invece qui, inspiegabilmente, non è nemmeno indiziato di reato. Io non so se i documenti li avesse spediti la segretaria con o senza il suo consenso, ma a questo punto non è essenziale».
Matteo Salvini, assieme ai Radicali, sta raccogliendo le firme per quattro referendum per mettere mano alle carriere della magistratura e al Csm. Tu pensi sia una mossa elettorale o un’esigenza vera questo spiazzare il guardasigilli Marta Cartabia sulla riforma della giustizia?
«Penso che con questi referendum Salvini stia facendo la cosa migliore da quando lo conosco, e con lui non sono mai stato tenero. Io aggiungerei anche la responsabilità dei giudici, che passò col referendum e poi fu annacquata. Bene. Ma per fermare la deriva devono studiare bene, costruire dei quesiti che non lascino scampo».
C’è tutto un brulicare attorno alla giustizia. Si parla di cancellare la legge Bonafede sulla sospensione della prescrizione. La stessa Forza Italia, per dire, ha presentato 183 proposte di riforma del processo penale tra giusto processo, durata ragionevole e sospensione dei termini prescrittivi legati all’udienza di stralcio. Cose molto tecniche. Ma credi che, finalmente, complice il Recovery Fund, stavolta si rivoluzioni tutto?
«La verità? Bisogna cancellare la Bonafede, e la Spazza corrotti e tutte le altre leggi terribili maturate nel “periodo del terrore” (ma, tieni conto che a quelle leggi ha partecipato anche Salvini nel governo gialloverde). E Forza Italia fa bene a presentare proposte ed emendamenti; ma purtroppo non andranno da nessuna parte. E onestamente, spero di sbagliarmi, ma a parte qualche cambiamento sul processo civile, la giustizia penale non sarà toccata».
Non credi nella ministra Cartabia che chiede a voce alta le riforme?
«Il ministro Cartabia dice cose giuste, e molto spesso. Ma un conto è dire, l’altro fare. La Cartabia la vedo presidente della Repubblica, e per diventarlo ha bisogno del voto dei 5 Stelle. Ma anche se non andasse al Quirinale, non ha la maggioranza in Parlamento. E non l’avrà fino a quando in aula il partito dei giudici, cioè il M5S, avrà la maggioranza. Per questo credo che i referendum siano un ottimo strumento alternativo».
Ma il “partito dei giudici”, scusa, una volta non era il Pd?
«Una volta. Il Pd ha anche quella componente, ma ha una storia sua, ed è più strutturato, può vivere anche senza giudici, in fin dei conti. Ma al M5S togli la forca, il patibolo, che rimane? I discorsi di Grillo?».
Non è che il Pd s’impunti sul garantismo. Solo l’altro giorno con “l’emendamento Bazoli” ha chiesto uno sconto di un terzo della pena se il processo ha durata irragionevole, cosa che molti hanno letto come l’ennesima apertura al M5S. E quindi come se ne esce?
«Questa situazione incancrenita si può risolvere solo con la fine di quest’alleanza folle col partito più reazionario e qualunquista della Repubblica italiana. Se il Pd tornasse ad essere una forza autonoma si aprirebbero nuovi scenari anche per gli equilibri tra le forze liberal del centrodestra, cambierebbero i rapporti di forza nelle coalizioni. Ma il Pd deve rompere con Grillo».
Una lacerazione alquanto impegnativa. La può fare Letta?
«Mah. A me Letta sembra Pisolo, sta lì, sonnecchia. Prima o poi farò un titolo: “Aridatece Zingaretti”…» Cosa pensi del dibattito sul 41bis e sull’ergastolo ostativo che la Consulta ha dichiarato contrario alla Costituzione?
«Che il 41bis e l’ergastolo ostativo oltre ad essere mostruosità incostituzionali, hanno introdotto la tortura nel nostro ordinamento. Anzi, la tortura è più veloce. Raffaele Cutolo non ha potuto parlare con nessuno per 25 anni. Io non li avrei mai introdotti; entrambi sono il frutto di leggi d’emergenza, e l’emergenza non può essere a vita».
Navighi ancora, col tuo giornale, tra le querele?
«Me ne arriva una a settimana. L’ultima è dei due magistrati che hanno perseguito Bassolino per 19 volte, che poi per 19 volte è stato assolto. Ho in ballo una trentina di querele di magistrati di tutte le correnti e latitudini. In Sicilia vado fortissimo. Mi hanno denunciato Scarpinato, Lo Forte, Di Matteo. Di Matteo perché durante il suo interrogatorio a De Mita, 88 anni, lo trattava senza rispetto gli dava del “tu”. Io scrissi: “Ma la mamma di Di Matteo gli ha insegnato l’educazione?” . Mi ha denunciato e ha pure vinto. Altrettanto onestamente devo dire che Di Matteo è l’unico che si è ben comportato nella vicenda Amara; senza di lui questa storia non sarebbe pubblica.
La parola d’ordine è: “Resistere!”» Lo diceva anche un noto magistrato…
«Sì, ma lo diceva tre volte. Se vuoi tre volte io dico, allora: Referendum! Referendum! Referendum!…»
Lo dichiara al quotidiano Libero Piero Sansonetti, direttore de ‘Il Riformista’.