AgenPress. Abbiamo raggiunto il numero massimo di presenze possibili in sala a Saint Vincent, dove è programmato – dal 9 all’11 ottobre- l’annuale convegno della fondazione Dc.
Quest’anno pensavamo che l’evento non riuscisse, invece siamo già in over-Booking. La magia di Saint Vincent è intatta nella prima, nella seconda e nella terza repubblica. Batte anche la paura del Covid, che nella valle scompare, del resto il distanziamento fisico lassù è naturale.
Sarà l’età, ma questa intatta affezione mi commuove. Il convegno di Saint Vincent ha avuto tre vite: nella prima repubblica lo organizzava il leader più eccentrico e carismatico della Dc, Carlo Donat Cattin, che annualmente riuniva all’hotel Billia la sua corrente, con l’astuzia democristiana di allestire un parterre e un programma in grado di dettare l’agenda della ripresa autunnale.
Noi c’eravamo. Partivamo da mille chilometri più giù, stipati nelle utilitarie regalate per i diciotto anni o nelle berline prestate dai padri per l’occasione. A Saint Vincent trovavamo la ‘nostra’ Dc, la sinistra sociale che oggi in parlamento sarebbe collocata – a seconda dei temi – a sinistra di Leu o a destra della Meloni.
Ci aspettava baron Carlo – come lo chiamava Giampaolo Pansa – e la sua adorata donna Amelia, il primo con maglione da montagna, la seconda con tailleur da operaia a fine carriera. Era il massimo di lusso che la Dc concedeva al look, perchè noi eravamo davvero un partito popolare. Carlo e donna Amelia furono lì fino all’ultima edizione, non mancarono mai, nemmeno quando la vita inferse loro i colpi più duri.
Sarà stata la forza di questi esempi, ma io non ho voluto dare sede diversa alle convention della mia piccola e generosa Dc, l’unica che sia tornata in parlamento e persino al governo dopo la fine della Balena Bianca. Ogni anno ci siamo riuniti lì, dove i più vecchi tra noi ricordavano quando a calcare la scena erano i Moro e i Fanfani.
A Saint Vincent sancimmo l’accordo con Berlusconi, destinato a riportarci al governo del Paese. L’anno dopo Berlusconi non venne, ufficialmente per un disguido tecnico del suo elicottero, sostanzialmente perché la sua corte di allora soffió sul fuoco di una presenza applauditissima di Walter Veltroni all’apertura del convegno.
Poi è finita anche la nostra piccola Dc, abbiamo riposto le vestigia avite, simbolo e nome del partito, nella fondazione Dc. Che si riunisce – ca va sans dire – a Saint Vincent, e il francese ci può stare.
Quest’anno disveleremo un’ambizione nuova. Un nuovo inizio. Un terzo tempo. Spiace che il Covid ci costringa a rivelarlo a pochi intimi. Ma ci impegnamo a replicare il convegno in tutte e venti le regioni italiane.
Perché abbiamo da dire una cosa importante e nuova. E non potevamo che dirla a Saint Vincent.