Macchioni: Rai, l’urlo di Fedez l’ipocrisia dei partiti e la mediocrità che avanza

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AgenPress. Oggi è la giornata mondiale della libertà di stampa. E la Rai come sempre si fa trovare “pronta”. Meno male che Fedez è un “homo intiero” nel senso rinascimentale del termine e non uno dei tanti zerbini che leccano polvere pur di esistere. E ha quindi  il coraggio e la prontezza di denunciare un episodio gravissimo di censura preventiva.

Qualcuno nella Lega come Capitanio insinua altro e parla di un cappellino che Fedez avrebbe voluto indossare. Ma Salvini capisce la “scivolata” e fa “scomparire” l’infelice dichiarazione del suo fedelissimo con una “zampata” geniale in grado di confondere le acque: invitare il rapper a prendersi un caffè con lui per parlare di diritti. E la faccia della Lega per adesso è salva.

Chissà se Salvini sarà in grado di fare arrivare un’altra delle sue veloci zampate in sede di nomine, visto che la Lega nel 2018 non ha certo brillato per lungimiranza nella scelta dei suoi rappresentanti in Rai. E i dati lo hanno purtroppo confermato senza possibilità di appello: una catastrofe di qualità e ascolti alla Rete1. Nel frattempo, complice la scivolata su Fedez, si apre il comunicatificio di solidarietà al rapper e di evocazione della libertà di stampa e della necessità di una riforma Rai.

L’ex ministro Valeria Fedeli, oggi capogruppo Pd in Vigilanza chiede “una nuova governance e un rilancio della mission Rai”. Ha ragione! Sono perfettamente d’accordo con lei. Ma allora, oltre a proclamarlo sui giornali, parta dal suo partito ed eviti che la Rai diventi una porta girevole per riciclati che hanno avuto poco successo altrove. Immaginare che Tinny Andreatta – dopo anni di Fiction Rai e un veloce passaggio alla concorrente Netflix – possa tornare indietro in qualità di Ad al posto di Salini o come presidente Rai, significa davvero che il partito nato dalla fusione degli eredi di Pci e Dc non ha più nulla da raccontare e più nessuno da esprimere e mi chiedo a quale blocco sociale reale – a parte i nostalgici miopi che si illudono di vedere in Letta un possibile erede di Berlinguer e Moro – si rivolga per ottenere voti. Basta con la retorica del “nuovo” fine a se stesso. Bisogna amare veramente la Rai per essere capaci di riformarla davvero. Chi pensa che la Rai sia un posto di potere, o un utile carrozzone per ammortizzare pressioni e raccomandazioni non ha capito che ha per le mani una delle miniere di intelletti e di contenuti di più alto livello che esistano a livello internazionale.

Servono nomi competenti e che siano in grado di mettere le mani nella Rai per riformarla davvero. Perchè non passare dalla poesia alla prosa e andare dunque sull’ “usato sicuro”?

E allora mi domando come mai personalità autorevoli e giornalisti di chiara fama come Michele Santoro, che ha rivoluzionato il modo di fare televisione innovando il talk televisivo e producendo vera informazione e portando avanti inchieste coraggiose, o come Giovanni Minoli, che ha scritto per anni la storia della televisione italiana, o come Carlo Freccero, istrionico collega i cui meriti sono indiscutibili, non vengano neanche menzionati dalla politica e dalle istituzioni e non abbiano pertanto un ruolo in questa volontà di riformare la Rai?

O altri – come Lilli Gruber, Enrico Mentana, Corrado Formigli, Giovanni Floris, Myrtha Merlino, Andrea Pancani, Alessandra Sardoni, Gaia Tortora – che svolgono – senza che venga loro richiesto – alla perfezione un ruolo di servizio pubblico pur lavorando in tv concorrenti non vengano avvicinati per essere “arruolati” in  Rai? Eppure negli anni a più riprese ci sono stati da parte dei Presidenti della Repubblica che si sono susseguiti numerosi e inascoltai appelli rispetto alla funzione fondamentale del servizio pubblico radiotelevisivo.

Tutte occasioni mancate! Ci sono tantisime professionalità interne Rai sprecate da anni, magari a messe a “disposizione del direttore” – così si dice tecnicamente per indicare chi prende lo stipendio senza poter far nulla- , incapaci di esprimere la propria professionalità perchè accantonati a scapito delle produzioni esterne.

Possibile che nessuno se ne voglia davvero accorgere? Possibile che i nomi che vengono bisbigliati nei corridoi di Viale Mazzini non rispondano alle caratteristiche idonee, nè per la governance nè per la direzione di testate e tg? Possibile che fra i curricula che sono stati inviati per la selezione del nuovo CDA ci siano professionisti di chiara fama che neanche verranno presi in considerazione perchè i giochini visti e rivisti nelle stanze politiche sono già stati chiusi da tempo e a ribasso a scapito della azienda Rai? E l’ipocrisia avanza e tiene banco.

L’unico modo di salvare la Rai non è tanto – come afferma Carlo Calenda – liberarla dai partiti politici, ma liberarla dagli incompetenti che vengono selezionati in maniera seriale dalle istituzioni e dalla politica per essere messi al vertice. Perchè “chi capisce poco in genere è più malleabile e influenzabile dei competenti e degli intelligenti” sostengono spesso i rappresentanti del potere quando vengono attaccati rispetto alle nomine disgraziate poste in essere negli anni.  I fatti invece hanno dimostrato che non esistono cretini di successo e che di norma l’incompetente è anche presuntuoso e quindi non risponde più alla manina potente che lo ha piazzato sulla poltrona più alta. Beffa oltre al danno!

Evviva la lottizzazione della Prima Repubblica, dove erano chiare le appartenenze politiche e le simpatie di area culturale, ma erano fuori discussione le competenze dei singoli. E dove la mediocrità veniva tollerata solo se accuratamente nascosta e non esibita. E dove lavorare in Rai era un punto di arrivo, di orgoglio, quasi uno status, come lavorare per lo Stato.

di Monica Macchioni

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