AgenPress. “In concomitanza con la vicenda che mi ha riguardato, troppe inesattezze, troppa ipocrisia, avere caratterizzato il racconto su come funzionava il meccanismo interno alla magistratura, e per questa ragione ho deciso di raccontarlo.”
Il libro in realtà è una grande intervista, un’intervista con una serie di domande, un botta e risposta molto veloce molto funzionale, molto fruibile, dove lei racconta una serie di episodi, ma soprattutto racconta se stesso, quella che è stata la sua vita negli ultimi 20 anni, quali sono gli effetti che il libro ha avuto nella sua vicenda giudiziaria?
“Allora, io racconto, -ci tengo a dirlo- fatti e vicende da me vissute in prima persona e da me direttamente documentabili. Questo l’ho fatto perché, c’è stata una fase che ha preceduto il libro, il mio incontro con il Direttore Sallusti, all’esito del quale ho ritenuto opportuno raccontare una storia che stava diventando una storia raccontata a seconda delle proprie convenienze. Io ho cercato ovviamente raccontare me stesso e mettendo a disposizione un riscontro a quello che dicevo. Questo, non solo per rendere più credibile il racconto, ma per offrire al lettore un tema di riflessione sulla questione giustizia che è una delle più dibattute nel nostro Paese, che io ho vissuto da una determinata angolazione, che oggi mi ritrovo per degli strani scherzi della vita a vivere dall’altra parte. Spesso le riforme della giustizia, la giustizia che non funziona, viene declinata in astratto, ma in concreto mai affrontata. Questo il motivo per cui ho ritenuto necessario mettere a disposizione di tutti un racconto che non ha delle connotazioni propriamente giuridiche, ma che vuole essere appunto uno spunto di riflessione per tutti.”
Lei in soli 3 anni finisce di dare tutti gli esami di giurisprudenza, con la media del 30. A 22 anni ottiene la laurea con lode, nel 1996 supera il concorso. Si sente un predestinato? Ce lo aveva nel sangue questa voglia di fare questo mestiere?
“Penso che ogni individuo abbia delle esperienza di vita che caratterizzano la propria esistenza, in quegli anni per me, lo racconto nel libro, sono anni particolari, legati a vicende familiari che mi avevano profondamente colpito rispetto alle quali ho visto nella magistratura e nella giustizia un forte carica di ideali che mi ha portato – erano gli anni in cui in Italia c’era un inchiesta che faceva molto parlare e discutere, mi riferisco a tangentopoli, gli anni in cui venivano barbaramente uccisi Falcone e Borsellino erano anni in cui la mia generazione aveva un forte carica di ideali e di approccio alla magistratura – ad essere fortemente determinato nello studio e nel raggiungimento di un obiettivo.”
A soli 38 anni è presidente dell’Anm, il più giovane di sempre. Lei nel libro fa una citazione molto particolare: “la vera separazione delle carriere non dovrebbe essere tra giudici ma tra Pm, Magistrati e Giornalisti.” Una citazione abbastanza singolare…
“E’ una citazione abbastanza singolare e forte che però è una fotografia di quello che realmente avviene all’interno degli uffici giudiziari.”
Ecco, Cosa avviene?
“Soprattutto nell’ambito degli uffici di procura, io ho voluto dare un racconto vero. Spesso quando si affronta il tema del rapporto pm-giornalisti, magistrati-giornalisti, o della fuga di notizie, si danno delle risposte da parte dei miei ex colleghi risposte valutate. La realtà è che il magistrato ha bisogno del giornalista e viceversa.”
E da lì esce fuori la “Regola del 3”? Le 3 armi del sistema…
“La “Regola del 3” esce fuori perché la magistratura all’interno è organizzata attraverso il meccanismo delle correnti, cosa sono le correnti? Sono dei raggruppamenti di magistrati ognuno dei quali ha una visione diversa e particolare rispetto a come funziona il meccanismo della giustizia, si ricalca in qualche modo quello che avviene nella vita politica del Paese. Nella vita politica del Paese, questo metodo di accordi, di spartizioni, viene chiamato “cencelli”. All’interno della magistratura è caratterizzato invece da accordi che poi sfociano in “uno a me, uno a te, uno a lui” questa è la famosa “regola del 3”.
Praticamente un sistema che lei ha gestito in modo assolutamente importante…
“E’ un sistema del quale io ho fatto parte essendo rappresentante di una delle correnti, (UNITA’ PER LA COSTITUZIONE – UNICOST) che si interfaccia con altre correnti importanti all’interno della magistratura, quella di sinistra che è quella di AREA, quella tendenzialmente di destra che è quella di MAGISTRATURA INDIPENDENTE, che hanno il compito di trovare una sorta di gestione del funzionamento del sistema giustizia soprattutto, in un momento molto particolare, il tema delle nomine degli uffici giudiziarie, c’è un momento particolarmente ambito…”
E’ un momento particolarmente ambito, ma lei nel libro più volte cita, che in realtà non spesso , vengono nominati i più bravi, questo è qualcosa di sbagliato…
“Spieghiamolo bene, chi normalmente fa domanda per un importante ufficio giudiziario, se la fa, ovviamente è perché è titolato per farla. Se bisogna stabilire chi sarà il procuratore di Roma, di Milano, di Torino, sicuramente chi concorre per quell’ufficio è una persona singolarmente tutelata, l’individuazione del procuratore o Presidente del tribunale, passa attraverso delle estenuanti mediazioni patteggiamenti che portano a privilegiare l’appartenenza correntizia a scapito di chi invece quell’appartenenza non ha.”
E in tutte queste mediazioni diciamo lei era l’ago della bilancia potremmo dire?
“Sicuramente ero uno di coloro i quali aveva questo compito, ero stato mandato al Csm proprio per questa ragione, oggi ovviamente questa realtà la si vuole disconoscere, questo è il motivo per cui io l’ho fatta conoscere, io invece penso sia importante conoscere il reale meccanismo di funzionamento, per stabile se è attuale, oppure è superato oppure non va bene; se non va bene non deve andare bene per tutti.”
A proposito di date importanti, ce n’è una data importante, fece un’intervista televisiva il 16 Gennaio 2008, nel quale intervenne il Presidente Emerito Cossiga. Fu un’intervista molto particolare, potremmo dire che Cossiga fu diciamo sgarbato per utilizzare un vocabolario edulcorato, sia nei suoi confronti, sia ne confronti dell’Anm, da quel momento, lei indica quel momento, la nascita del “metodo Palamara”, perché?
“Perché quel momento fu molto, molto particolare nella vita politica del Paese, il 16 Gennaio del 2008 coincide con un famoso discorso che venne fatto in parlamento dall’allora ministro della Giustizia Mastella, discorso fatto in concomitanza con l‘indagine giudiziaria di Santa Maria Capua a Vetere, che fece cadere il governo di centro-sinistra, presieduto dal Primo Ministro Prodi. Io quel giorno venni invitato ad una trasmissione tv e dovevo “difendere” -come compete a chi ha una carica politico-associativa- il sistema che in quel momento rappresentavo. Durante la trasmissione intervenne in studio il Presidente Cossiga, rimasi sorpreso, ragionai velocemente -era una delle mie prime apparizioni tv- dicendo o reagisco -e lì mi vennero in mente gli insegnamenti paterni, portare rispetto a chi è più grande di te- o mi alzo e me ne vado oppure rimango silente, scelsi quest’ultima. Da quel momento si creò una sorta di attenzione rispetto alla mia persona anche all’interno della magistratura, il mio ruolo interno aumentò, e da quel momento la mia carica esponenziale all’interno della magistratura prese piede.”
Quello fu un momento psicologico assolutamente importante, lei dice nel libro: “è l’ultimo volta che subisco un aggressione così”…
“Da quel momento sicuramente modulai poi quello che fu il mio ruolo, purtroppo, e questo è un altro degli aspetti che viene trattato nel libro, che fa in parte discutere pure oggi. Il mio ruolo di Presidente dell’Anm in quegli anni quanto meno viene stravolto. Di fatto io sono rappresentativo, non solo con tanto delle istanze dei magistrati associati, ma il ruolo dell’Anm in quegli anni si stravolge e diventa una sorta di ruolo di oppositore politico, e per fare l’oppositore politico, inevitabilmente vengo attaccato dagli esponenti del centro destra di quel periodo, il dibattito intorno alla giustizia si infuoca e quando vengo attaccato al quel punto reagisco, non sono più silente e divento una sorta di contrappositore politico. Nel racconto che faccio 12 anni dopo, penso sia giusto riflettere se il ruolo dell’Anm debba essere un ruolo di rappresentanza di una categoria o invece trascendere in una sorta di sostituto di un partito politico, questo è un tema che oggi dovrebbe far riflettere e non essere liquidato così.”
Il sistema va oltre al “metodo Palamara”, il sistema è immutabile, perché succede questo? Cosa si può fare per cambiare? Nel suo libro c’è voglia di cambiamento…
“Io non so se il sistema è immutabile, io dico che il sistema c’è ancora, esiste, invece penso, e mi auguro si rifletta il più ampliamente possibile anche in ambito politico, possa portare al miglioramento dell’attuale sistema perché se la premessa è: non vanno bene gli accordi spartitori che portano alle nomine, cambialo allora questo sistema, è stato fatto qualcosa? No! Oggi più meno ci troviamo nella stessa situazione, tant’è che ci sono importanti nomine, tra tutte penso a quella della procura di Roma che viene annullata dal giudice amministrativo, penso alle nomine dei componenti del Csm anch’esse annullate dal giudice amministrativo, il tutto sulla base degli stessi rilievi che più o meno hanno caratterizzato la mia vicenda.”
A proposito di nomine, lei dice che una nomina a Roma vale 2 Ministri, una a Milano una e mezzo, più o meno è questa l’equazione?
“Sono delle valutazioni estemporanee, ma veritiere di quanto sono particolarmente ambite determinate nomine di uffici molto importanti nello scacchiere della vita giudiziaria del Paese, quali sono gli uffici di Roma e di Milano. Roma è il luogo nel quale ci sono i ministeri, c’è il governo, c’è la politica, Milano è il cuore del potere economico, le indagini svolte in questi luoghi, sicuramente alterano il normale corso pur nella serietà delle indagini.”
Vorrei ritornare sul discorso del Sistema, perché il sistema lei lo da come immutabile, addirittura dice che i giovani magistrati vengono immediatamente inseriti nelle correnti. Quindi in realtà il sistema si ricicla? Si sviluppa da solo? Perché un magistrato -questo lo dice lei nel libro- che viene inserito in una corrente presumibilmente poi verrà a farne parte, quindi il mondo delle correnti continua come ha detto lei prima?
“Il mondo delle correnti continua, proprio per essere più credibile, il racconto che ho voluto fare, per essere più credibile, è un racconto che parte dall’inizio, come si caratterizza e si sviluppa la vita del magistrato quando c’è il superamento della soglia più difficile che è quello del concorso in magistratura. Se tratto questo argomento nel libro è perché voglio rivolgermi ai giovani magistrati, che in un momento così difficile, cercano il proprio percorso, la propria strada e per chi si laurea in giurisprudenza il concorso in magistratura rimane una sorta, inizialmente di chimera, di obiettivo difficile da raggiungere. Quando lo si supera si entra in un mondo nuovo, un mondo dove le correnti hanno la parte preponderante, per fare carriera, bisogna necessariamente iscriversi ad una delle correnti.”
Speriamo che è il mondo che cambi, perché lei finisce il libro dicendo questo…
“No, io dico che da Presidente dell’Anm, quando io rappresentavo le correnti, quale era la riforma più temuta? La riforma che non volevamo, la riforma che avrebbe messo in discussione il sistema, è solamente una: IL SORTEGGIO. Perché il sorteggio, per essere nominato dal Csm avrebbe scardinato il sistema correntizio. Allora io penso che se si vuole fare una sfida nuova occorre investire su una nuova classe dirigente anche all’interno della magistratura. Qual è la classe dirigente nuova? Quella che non ha fatto parte di questo sistema, io penso che questo esperimento sia quello che realmente può poi far valutare come termini di paragone il vecchio con il nuovo sistema. All’esito del quale poi si discute quale dei due possa essere migliore. Io non credo che avendo tolto Luca Palamara adesso saremo tutti più bravi, più buoni e più meritevoli, perché ripeto, non penso che eliminando solo me si possa poi risolvere il problema di tutti.”
No, assolutamente, questo lo dice in maniera molto chiara nel libro. Un ultima domanda. Renzi diventa Premier e prova a imporre Gratteri, questo un passaggio del libro, lei dice esattamente questo: “mettendo becco sulle vostre ferie, oltre a pensare alla responsabilità civile dei giudici, e ancora di avvicina a Berlusconi per far fuori Bersani, miracolosamente qualcuno si ricorda di un fascicolo che riguarda i genitori di Renzi.” Questo è il sistema? Cioè è la magistratura entra in modo assolutamente forte e cambia, modifica la Politica Italiana, cosa che a me in qualche modo ha creato più ansia…
“E’ un esempio per mettere in discussione un altro dei baluardi interni alla magistratura che è il principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, teoricamente questo è il principio più bello, perché significa che la legge è uguale per tutti, che non c’è distinzione tra un ricco e un povero, che ci sarà una persona che deciderà indistintamente l’azione penale nei confronti di tutti. Così purtroppo non è, perché chi frequenta gli uffici giudiziari, sa che sui tavoli dei pubblici ministeri ci sono centinaia, migliaia di fascicoli, farli tutti è quasi impossibile, e quindi quando si hanno tanti fascicoli ci si concentra maggiormente su quelli che hanno maggiore rilevanza dal punto di vista -purtroppo- anche mediatico, che diventano i fascicoli sui quali maggiormente ci si concentra tralasciando magari altri che hanno istante diverse.
Le volevo fare una domanda un po’ più personale. Lei parla spesso di suo padre, allora, tra l’altro c’è uno strano escamotage; quando ha fatto il primo esame suo padre purtroppo è morto, quindi c’è stata questo filo conduttore molto particolare. Se oggi suo padre fosse qui cosa le direbbe?
“E’ una domanda che mi faccio spesso. Me la pongo quotidianamente, sicuramente vorrebbe capire, vorrebbe andare fino in fondo, allo stesso tempo al di là delle fisiologiche critiche che si fanno ad un figlio, vorrebbe sicuramente che si potesse comprendere come sono andate le cose.”
Allora, chi è alla fine Luca Palamara? Un uomo cinico, spietato, che ha gestito il sistema o una vittima del sistema?
“Questo non sta a me dirlo. Io so di aver operato sempre nell’interesse degli altri, so di aver ricoperto delle cariche politico-associative che mi hanno particolarmente esposto e so di aver giocato, uso questa espressione perché chi mi conosce sa quanto amo il calcio e spesso ti fa avere un approccio diverso ai problemi, rispettando le regole, le regole erano quelle, e in quel meccanismo, e in quelle regole sicuramente, erano previste anche cene, incontri, incontri con esponenti politici, incontri con persone diverse nel mondo della magistratura per arrivare poi ad una soluzione di equilibrio nell’interesse di tutti. Non rifarei tutto, ci rifletterei. Ero fortemente animato da una volontà di cambiamento, so che quando nella mia carica polito-rappresentativa interna alla magistratura, quando gli accordi erano “a sinistra” tutto andava bene, quando si sono spostati a destra sono iniziati i problemi che poi hanno caratterizzato la mia vicenda.”
La frase di Giulio Andreotti, il potere logora chi non ce l’ha, è ancora attuale?
“E’ una frase attuale, però oggi, il potere alla fine logora. Non parliamo solo della mia esperienza, basta guadarsi un po’ intorno, guardare i rappresentanti della Politica Italiana, gestire il potere non è per niente facile, per nessuno.”
L’ultima domanda, poi ci salutiamo, le procure sono spesso in guerra, facciamo l’esempio della procura di Agrigento e la procura di Catania, dove ci sono state due situazione completamente all’opposto, capita spesso questo?
“Le valutazioni sicuramente posso essere diverse da parte degli uffici della procura della repubblica, ci sono delle leggi, delle norme che chiedono però uniformità dell’esercizio dell’azione penale. Io penso che il Paese oggi abbia bisogno di certezze nell’applicazione della legge, abbia bisogno di una magistratura nella quale non prevalga la componente ideologica anche sullo svolgimento dei processi. Questa è la vera riforma che oggi andrebbe fatta.”
Perché la riforma della giustizia non si riesce a fare nel nostro Paese?
“Perché purtroppo spesso chi deve riformare la giustizia per un motivo o per l’altro si trova sottoposto a vicende penali che di fatto ne inibiscono la capacità della riforma.”
Per convenienza o per il sistema?
“Più che per convenienza, perchè il sistema, suggerisce di non andare a toccare il sistema.
Quindi il sistema è più forte?
“Il sistema come dire è uno spauracchio.”