AgenPress. Oggi il Presidente Carlo Bonomi firma su Repubblica un appello contro la politica dei veti incrociati.
“Caro direttore,
ci sono dati che dovrebbero farci tutti riflettere.
Fatto pari a 100 il Pil in termini reali del 2000, a fine 2019 quello dell’Italia era a malapena giunto a 103,6. Quello dell’euro area era salito da 100 a 126,1. A questo ventennio italiano di passi da gambero, si è aggiunto il Covid.
Tutto ciò si è tradotto nelle tre emergenze richiamate dal capo dello Stato: quella pandemica con 97 mila vittime finora, quella sociale con 440 mila occupati in meno, quella economica con la perdita di altri 9 punti di Pil. Sono cifre amare. E c’è un rischio.
Quello della rassegnazione al timore che i tempi per uscirne saranno lunghi. Dubbi e perplessità sul fatto che le soluzioni da adottare siano troppo complesse e problematiche, in una società percorsa da profonde linee di frattura e diseguaglianze. Che alimentano divisioni, contrapposte identità culturali e politiche, e una lettura della realtà cristallizzata in istanze e bisogni antagonisti ed elidenti.
Tutto ciò finisce per minare il sentimento civile che tutti dovremmo oggi condividere.
La consapevolezza che i guai sono davvero seri, ma che possiamo e dobbiamo farcela. E che, per farcela, siamo chiamati tutti a cambiare. E a farlo in tempi brevi. Brevissimi. Perché è oggi, il tempo di accelerare e rendere efficace il piano vaccinale, coinvolgendo in un unico sforzo unitario tutte le strutture e le reti oggi esistenti nella società italiana.
Perché per ridefinire il Pnrr, e rendere il più efficace possibile l’impatto dei 209 miliardi del Recovery Plan sulla ripresa e trasformazione dell’Italia, ci sono solo pochissime settimane. Perché per riforme adeguate a cominciare da quella del lavoro, degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive, il momento di deciderle è ora, mettendo da parte le liturgie esasperanti che in passato ci hanno resi incapaci. Per avviarle bastano pochi giorni, di confronto costruttivo a oltranza, tutti insieme allo stesso tavolo.
Tutti siamo chiamati a cambiare: atteggiamento, metodo e disponibilità. Non è una necessità che investe solo i partiti e la politica. L’unità di cui ha parlato il presidente Draghi, ottenendo l’amplissima fiducia del Parlamento, è il vero spirito nazionale di una riscossa a cui ogni forza sociale e culturale del Paese deve sentirsi oggi chiamata.
Nei primi giorni del governo Draghi questa profonda consapevolezza non sembra ancora manifestarsi. Ma è un’Italia fondata sui poteri di veto, quella che ci ha impoverito e tagliato le ali ancor prima della pandemia. Abbandonare questa patologia non è facile per i partiti: eppure destra, sinistra e antisistema hanno tutti, nel tempo, compartecipato a governi che hanno fallito. Non è facile per lo Stato, che ha visto crescere sempre più l’incomprensione tra Centro e Autonomie. E non è facile per le forze sociali, con la loro troppo lunga storia di contrapposizioni che per molti risulta arduo abbandonare. Ma bisogna farlo.
Non c’è alternativa. E bisogna farlo ora. È questo l’appello che Confindustria si sente in dovere di lanciare. Alla politica, a noi stessi e all’intera società italiana. Nella certezza che siano molti in Italia a pensarla così. Stanchi di veder peggiorare il proprio futuro e quello dei propri figli. Ma indisponibili alla rassegnazione o al cinismo dei veti. Servire l’Italia non è retorica. In momenti tragici della storia, istituzioni e italiani hanno saputo sprigionare tutta l’energia e la convergenza necessarie.
Ora servono decisioni rapide, riforme efficaci, obiettivi chiari, strumenti misurabili e il più possibile condivisi nell’attuazione. Ogni competenza ed esperienza, ogni rappresentanza di parti e interessi del Paese deve trarre lezione dagli errori comuni del passato.
L’alternativa è percorrere una nuova discesa del reddito degli italiani. Non ce lo possiamo più permettere. Il presidente Draghi, pur con tutte le sue qualità, non può farcela se lo lasciamo solo. Il fatto che abbia messo la sua competenza e il suo prestigio su questa scommessa, per l’Italia e non per un partito, deve per tutti noi significare la stessa sfida”.